Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 162

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e fare che i popoli lo servano con più amore e fede. Il che avverrebbe
quando s’usassero le regole d’aumentare i popoli, e relassare i tributi e
le crudeltadi, e andare il Re in guerra, e di proponere premii più
d’onore che d’avarizia a uomini forti e sapienti, e rinovare le
scienze, ecc., e far leggi tali, che l’onor si guardi delli osservanti e il
vituperio delli non osservanti, e l’amor delli osservanti in secondo
luogo, per l’utile che indi ne hanno, e in terzo luogo, il timor della
pena, la quale oggi ha il primo luogo contra ogni ragione in far osservare
le leggi per li falsi scrittori, li quali non considerano <che> la
<nostra> religione, che antepone l’amore, <e il tempo desiderano più
l’amore che il timore>, che i signori della gentilità anteponevano
all’amore. Onde essi han queste regole malamente imparate dall’empio
Machiavello. Ma perché, non facendosi riforma, è necessario a
Spagna secondo l’abuso d’oggi tesorizzare, per non restar in quei mali
che avverrebbero non venendo le flotte per tre o cinque anni, io dirò
queste regole usate, e poi verrò alle disusate.
Primo, è bene fomentare i banchi e banchieri, e con qualche modo
astringere ognuno a tenere i danari in banco, perché nel bisogno li
abbia uniti, e questo in Spagna e Napoli e in tutti i capi del Regno
deve osservare, e in una guerra importante con intervento del Papa se
ne può servire per divenire meno odioso.
Secondo, deve mettere la dogana di Puglia, che in Foggia pose re
Ferdinando, in tutte le provincie con quel medesimo o simil modo.

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