Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 292

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cominciaro senza paura esterna l’emulazioni interne, e si rovinaro in
partiti divisi a tempo di Silla e di Mario, e di Cesare e Pompeo, e perdettero
la repubblica.

Onde io ho considerato che chi combatte in suo paese per la religione
e per la patria e figli e moglie, sempre è più forte di colui che
combatte per dominio in casa strana, perché in vero gli assaltati
sempre più rinforzano, se al primo dì non sono estinti, e quei che
assaltano sempre più s’indeboliscono, sendo il paese, l’aere e la gente a
essi nemica, e più inimicandosi per l’incommodi della guerra. Onde
Annibale, quando assaltò Italia con forze grandi, se avuta la prima vittoria
in Trebbia andava a Roma, distruggeva l’Imperio romano, e se
vinta la prima impresa di Canne, che fu la maggiore, andava a Roma,
non avrebbe dato tempo, come ben lo consegliava Maharbale, a
Roma di rinforzare e di pigliar animo, e l’avrebbe estinta. Così, se
Absalon andava subito ad espugnare David, come lo consegliò Achitofele,
s’insignoriva della Giudea, ma li lasciò pigliar animo e forza,
compatendo i popoli a lui con lui, onde estinse poi l’emolo suo.
Ma per vincerli bisogna o al principio opprimerli subito, overo
cavarli fuori del paese, come Ercole cacciò Anteo, re di Libia, fuor di
Libia, per poterlo domare, che quanto più toccava la terra sua (come
la dotta favola insegna), tanto più rinforzava. Sì che vana cosa mi
pare, non avendo domato Fiandra sul principio, seguitar la guerra in
casa loro, che questo più li rinforza.
Però oggi due cose è di mestieri fare: l’una è dividerli, l’altra è
cavarli fuor del paese.

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