Tommaso Campanella, Aforismi politici, p. 116

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il sacerdozio. Però nessuna republica o principato fu
né si può fare senza sacerdozio.

79. I sacerdoti devono in estremo aver le virtù opposte a
quelle degli soldati, et i governatori stare in mezzo di loro.

80. I sacerdoti devono esser sapienti, ma più in contemplativa;
forti, ma più in pazienza; sobrii, ma più nell’inedia
declinanti; liberali, ma più in sé avari e verso gli altri prodighi;
industriosi, ma più presto pigri in meccanica; vertaderi,
ma più presto con stiratura, cioè stretti con ogni
puntiglio di verità, anzi che mendaci; fedeli, più certi che
incerti; tenaci più che mutabili; allegri, più austeri che buffoneschi;
mansueti, più molli che aspri; e propria loro è
la sapienza, religione e misericordia.
I soldati all’incontra
savii, ma in operare più tosto; forti, ma più tosto audaci;
sobrii, ma più mangiatori che digiuni. I governatori stanno
in mezzo di quelle estremità.
81. I sacerdoti contemplano quel che s’ha a fare. I governatori
commandano le cose che elli contemplano. I soldati
e l’artefici esseguiscono le cose commandate e contemplate.

82. La religione deve essere reverenda e non volgare, e
più a Dio et alla natura conforme che all’arte.

83. Il sacerdozio non si deve far volgare, perché perde la
dignità e la credenza. Ignoranza è di Calviniani, che si
stimano esser tutti sacerdoti.

84. La religione che contradice alla politica naturale non
si deve tenere. Però essendo afflitti i Giudei, che non combatteano
il dì del sabbato contro Pompeo et Antioco, che a
quel tempo gli assaltarono, i Maccabei hanno interpretato che
in tempo di necessità sempre si deve combattere.
La setta

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