Tommaso Campanella, Monarchia di Francia, p. 450

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di Etruria e di Liguria e d’Africa, e non tornano mai.Talché Spagna,
che facea otto million d’uomini nel tempo passato, in questo tempo
non ne fa a pena quattro millioni, e tutti son preti, frati, monache, e il
sangue loro è spento. E non han saputo mai soccorrere a questa lor
mancanza con favorir i matrimoni, e con spagnolizare le nazioni fedeli
a loro, come faceano i Romani, che romanizavano il mondo facendo
i popoli devoti, socios nominis Romani o nominis Latini, talché quando
cresceano d’imperio, crescean anche de cittadini aggregati.
Ma li Spagnoli
crescono d’imperio e mancano di cittadini e di forze. Perché
l’imperio a loro serve solo per scemare e dissipare il lor seme. Malum
se ipsum perdit
, dice Aristotele, e per questo son forzati anche spopular
i paesi occupati, che non bastano a mantenerli. Talché non ci son più
abitatori naturali nella Cuba, nella Spagnola, né in America australe, e
si dichiarano destruttori del genere umano, e si fanno odiosissimi. Lo
stesso farebbeno nel mondo nostro, se non fosse la paura dagli altri
principi e dal Papa. Con tutto ciò l’han diminuto assai, perché Sicilia
e Napoli a pena fanno oggi tre millioni di persone quanto ne facea
sola Calabria anticamente, quando pur le due Sicilie passavan dodici di
millioni: e son impoveriti per le gabelle, e tributi, ed esazion di Genovesi:
perché il denaro delle tratte di lor beni non entra più a regnicoli,
ma a Genovesi. E il medesmo fanno in altri paesi. Ed è tanta la superbia
spagnola, che non degna dar li privilegii di Spagna ad altre nazioni
fedelissime, ma tratta tutti come schiavi, e son tanti li tributi che nissun
quasi vorrebbe far figli per non generar schiavi a Spagna.
Di più, l’arti e il colto della terra erano in Ispagna in mano di Giudei
e di Morieschi, e scacciati quelli tante volte al tempo di Ferdinando e poi
di Filippo II e poi di Filippo III, son i paesi desolati e inculti. Camini tre

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