Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 78

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Narsete gran capitano, il quale per sdegno di lei chiamò i Longobardi
in Italia a danno del suo signore e signora.
L’amor della roba fa anco rapaci li Re, e roinano, come Antioco,
che rubò il tempio di Giove Dodoneo, e Caligola rapacissimo diventò
per la prodigalità sua, e rovinaro. E se come Mida vuol ogni cosa
d’oro, non potrà mangiare oro né dormir in oro, etc., cioè non averà
chi lo serva nelli suoi bisogni, e diventa preda di chi adopra il ferro
come l’ultimo califa di Babilonia, ucciso in mezzo di suoi
tesori.
L’amor dell’onore solo deve essere in lui. Ma però per la scala
delle virtù ascendere a quello, altrimenti sarebbe superbia ruinosa,
che occise Nerone, Alboino e Attila. E l’onor è testimonio delle
virtù, però se sarà virtuoso averà onor vero, se non adulazione, onde
rovinaro non pochi Re nel mondo. Però si deve notare che il Principe
non deve strettissima amicizia tenere con uno o due tanto, che
quelli possano trasgredire i termini della giustizia impune, altrimenti i
suoi baroni e savii e capitani si ammutinano e lo tengono per vile e
da poco, e spesso li congiurano contra.
E quello stesso che ei sublima
a grado tale può usurparli il dominio, come fece Gige al re di Lidia,
e Seiano a Tiberio Cesare, benché astutissimo, fu di gran nocumento,
e poi Macrino fè peggio,

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