Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 33

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Ospitalario. Bella cosa per non fomentar fazioni a roina
della patria e schifar le guerre civili, onde nasce il tiranno,
come fu in Roma e Atene.
Narra or, ti prego, dell’artefìci
loro.Genovese. Devi aver inteso come commune a tutti è la militare,
l’agricoltura, la pastorale; ch’ognuno è obligato a saperle,
e queste son le più nobili tra loro; ma chi più arti sa,
più nobile è, e nell’esercitarla quello è posto, che più è atto.
L’arti fatigose e utili son di più laude, come il ferraro, il fabricatore;
e non si schifa nullo a pigliarle, tanto più che
nella natività loro si vede l’inclinazione, e tra loro, per lo compartimento
delle fatiche, nullo viene a participar fatica destruttiva
dell’individuo, ma solo conservativa. L’arti che sono
di manco fatica son delle femine. Le speculative son di tutti,
e chi più è eccellente si fa lettore; e questo è più onorato
che nelle meccaniche, e si fa sacerdote.
Saper natare è a tutti
necessario, e ci sono a posta le piscine fuor, nelle fosse,
della città, e dentro vi son le fontane.
La mercatura a loro poco serve, ma però conoscono il valor
delle monete, e batteno moneta per l’ambasciatori loro,
acciò che possino commutare con la pecunia il vitto che non
ponno portare, e fanno venire d’ogni parte del mondo mercanti
a loro per smaltir le cose soverchie, e non vogliono
danari, se non merci di quelle cose che essi non hanno. E si
ridono quando vedeno i fanciulli, che quelli donano tanta
robba per poco argento, ma non li vecchi. Non vogliono che
schiavi o forastieri infettino la città di mali costumi; però vendono
quelli che pigliano in guerra, o li mettono a cavar fosse
e far esercizi faticosi fuor della città, dove sempre vanno quattro
squadre di soldati a guardare il territorio e quelli che lavorano,

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