Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 114
se propria n’avesse non saria forma di quello, ma separata come
un angelo (il che non considerò Galeno né Aristotile; però non
trovorno bene l’immortalità di uno), e che essendo incorporea
può dal corpo patire contra Aristotile asserisco, poiché il calore
è pur incorporeo, e per il corpo pate. E ch’essa possa correggere
lo spirito che pensa solo alla corporea conservazione, è noto nella
religione, della quale lo spirito è nemico; e la prudenza sua non
è soggetta a Dio, né può essere, dice san Paolo, perché a lui non
appartiene vita immortale, né la conosce, se non per la mente alla
quale sempre ripugna; e questo è il contrasto, che in sé sentiva
l’Apostolo, della legge carnale contra la mentale. Ma con il poco
cibo e macerazioni lo spirito si debilita, e la mente s’invigora,
non sendo da’ suoi fumi perturbata, come l’esperienza e il sonno
ce ’l dimostra. Talché è suo officio raffinare e perfezionare ogni
conoscenza, bench’essa non ha propria operazione, e la religione
nello spirito piantare.
Dunque, muore l’uomo per la cicuta come le bestie, e per l’allegrezza
e per ogni passione che disfà lo spirito, perché ella è incorporea,
e non può stare unita alla corpolenza senza un mezzo,
onde Trismegisto chiamò questo spirito veicolo della mente, e
sant’Agostino dice che senza sangue non può stare l’anima, perché
al secco corpo la sua spiritualità è troppo dissimile, ma non
all’umido. Dunque, suffocandosi per riso o per veleno, o esalando
lo spirito, la mente se n’esce fuori e vassi dove ordinò Domine
Dio. Ella sta nello spirito come luce nello specchio e nell’aria,
che, rotto lo specchio, dispare; e già come luce fu vista da santa
Caterina senese, e quella di san Francesco. Ma come la luce
incorporea si fa, nelli vapori dell’iride, gialla, rossa e verde, e così
nelle nubi e nel fumo, all’istessa maniera l’anima s’infà delle passioni
dello spirito, e se si lascia vincere patirà pena, perché il freno
sta in sua mano; se vince restarà pura, e non bisognerà purgar
le macchie poi, del che pur Virgilio e Platone s’accorsero. E senza
questo spirito non si può rispondere a quelli che mostrano l’anima