Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 97
fronde, fanno li figli per vivere nel simile, morendo in sé; e così gli
animali di corna s’armano, come le piante di spine; e in ogni cosa
trovasi la fuga e odio della morte e amor della vita. Dunque la conservazione
sarà il sommo bene d’ogni cosa per cui tutte l’operazioni
e vigore e arti e figure e membra la natura ci ha largito.
Lo spazio che loca gli enti io trovo primo immortale, perché a
nullo è contrario, tutti riceve, è base di ogni essere creato che non
può sussistere se non in lui, o morto o vivo. La materia poi trovo
immortale, perché non ha contrario, ogni forma riceve, e se si divide
o coniunge si fa rara o densa, calda o fredda, sempre è la medesima
in sostanza, ma non in apparenza, perché tale è quali sono
le forme. Nondimeno si può dire meno immortale che lo spazio,
in cui ella s’appoggia.
Dopo questi trovo il caldo e il freddo, principii attivi d’ogni cosa,
non poter vivere se non nella materia, e tra loro combattere chi
deve dominarla; e perché mortali sono, acciò non si disfacessero
in tutto, ha dato Dio a loro virtù diffusiva, moltiplicativa e generativa
di se medesimi, che pare un miracolo come cresce il calore
e il freddo dove ponno avere dominio, e come quello dal sole alla
terra, e questo dalla terra all’aria, si spandano e amplifichino; e
quanto fanno, tutto viene dalla voglia di conservarsi et eternarsi.
Questa amplificativa virtù non hanno il luogo e la materia, perché
non sono mortali e stanno per base delle cose create.
Trovo poi le pietre e metalli a’ loro luoghi scendere, e dove nascono
amplificarsi e crescersi, convertendo in sé il liquido terreno,
e farsi altissimi monti, li quali non potevano di subito farsi, ma
con tempo, come l’ossa crescendo, e questi poi non hanno virtù
di generare un’altra pietra o metallo perché son di materia dura
che resiste lungo tempo al caldo e al freddo, e non hanno tanto bisogno
di amplificarsi e vivere in altri simili, né tanto ingegno in loro
si scorge.
Ma le piante, che sono più passibili e atte a morire, si propagano
e rampollano per generare un simile in cui vivano, e poi si levano
in su dall’innato calore, e quando l’aiuta il sole fanno i fiori
e frutti per semenza di lor vita, li quali cadendo si putrefanno e