Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 152

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XVI
Del tesoro di Spagna
Molti s’ammirano perché il re di Spagna avendo più di venti
milioni d’oro l’anno di rendita, ancora non si è fatto monarca dell’occidente,
e passato a Macomettani. Ai quali rispondo io senza ammirazione,
che questo aviene dal non saper servirsi dell’occasione, la quale
ha trattenuto poi la fortuna dell’imperio.

Grande occasione fu l’unione di Castiglia, d’Aragona e Napoli e
Milano insieme. Ma più fu l’essere stato Carlo V uomo guerriero re
di Spagna, e l’essere eletto imperatore di Germania, con li quali auspicii
potea il mondo sottoporre, se avesse saputo dar legge ai vinti,
come sapea vincere; e primo, prese Tunisi e ne scacciò Ariadeno
turco, e vi pose un moro per re, Muleassen, e non mutò lo stato.
Secondo, prese la Germania e li prencipi protestanti, e li privò d’imperio,
e pose in loco loro i parenti e fratelli, non mutando lo stato in
niente. Terzo, ebbe Martin Lutero in mano, e per vano color di clemenza
lo lasciò andare a farli ribellare Germania e Fiandra. Quarto,
ebbe re Francesco di Francia in mano, e lo lasciò a farli nuova
guerra contro i suoi disegni. Quinto, prese Siena e Fiorenza, e le
donò a casa de’ Medici per farsi grandi i nemici: poiché è solito
ognuno soblimato da un altro a signoria desiderar di non servire
quel poco che li resta di servitù, e però con occasione cercare d’inimicarsi
il suo benefattore, come fecero i duchi di

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