Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 168

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in Napoli, e augmentare un mezzo ducato di più per puttana. Nelle
stufe, nelle comedie e comedianti, <si deve anco metter gabella> nelle
ostarie, che non sono per forestieri, e finalmente s’è aperta la regola in
tutto: quanto la cosa è più necessaria, manco si paghi, e quanto manco
necessaria, più si paghi.
Si devon fuggire quei guadagni che il popolo odia, e cangiarli i
nomi, come i pagamenti fiscali abbassare e dimandare per altro titolo,
onde non re, ma tribuno Augusto si fe’ chiamare, quia nomen regis
Romanis odiosum
<erat. Così il tributo non> tributo, ma elemosina,
dazio, ecc., con tal arte però, che sempre si cambi.
Il donativo di
Napoli per questo è venuto in odio ai popoli: il Re lo deve lasciare e
pigliare altro modo e titolo: né mi voglio assottigliare in queste cose,
ché ne averei assai.
Il traffico con Genovesi è suo erario: forzisi con li altri far
così, ecc.

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