Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 178

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Manasse, Giuliano, Federigo, Arrigo, Tiberio, Nerone, o Filippo il
Bello, opposito di Carlo Magno. Si devono però tra i popoli mantenere
le divisioni e gare d’onore, cioè chi meglio combatte, e di scienze,
cioè chi più sa, e però le nuove scienze s’introducono.
Il gioco giova a Spagna assai, per fare occupare i popoli in altro
che in cose di stato, e spogliarli, acciò vadano in guerra, ma fa la rapacità,
avarizia e odio dell’amico e amor del danaro, che più nuocono
che non giova l’astuzia di tal arte.
Però meglio è fra suoi metter giochi d’armi e di scienze, e tra
strani per mezzo degli ambasciatori metta giochi di carte e dadi per
bassarli, e questioni di matematica e filosofia, per distrarli da quelli
dell’eresia, ut infra.
Per guardarsi dalle congiure, non ci è meglio ch’esser buono e
venerabile e giusto ai popoli. Per il primo difetto perdé lo stato, e vita,
Nerone, Ezzelino, etc. Per il secondo, Sardanapalo e Vitellio, per la
giustizia negata Filippo Macedone, e per l’inegualità Roma.
La congiura contra la vita del Re, o stato, se un solo la fa con se
stesso, non c’è altro rimedio che guardare, e fare cercare a chi entra a
parlargli, se porta armi o no, perché sono quasi inevitabili queste di
uno: onde re Enrico di Francia e il re di Moab per mano d’uno periro,
e così Filippo macedone: il primo per la religione, il secondo per la
tirannia, il terzo per la giustizia negata.
Se sono più che congiurano contro la vita del Re, se non s’eseguisce
l’effetto fra quindici giorni o venti, necessariamente si scuopre,
quando li congiurati non si muovono per giustizia e pietà e amor del
pubblico contro un tiranno, e non son più

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