Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 218

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che non troppo li nuoce, perché si serve di loro fanciulli per far soldati,
e avvilisce quelli che non sono della sua setta e li disarma. Ma se
quelli avessero parte in civiltà, e non dominasse con dominio dispotico,
ma politico, perderebbe presto lo stato, come avvenne a molti
prencipi germani, e non potrebbe procedere ad acquistare, come non
può l’Imperatore né il polacco.
E se mai uomo generoso nascerà tra i
schiavi suoi, lo potrebbe rovinare, come avrebbe fatto Scanderbeg, se
avea aiuto da Cristiani e non rovina, come ebbe da Genovesi che passaro
a danni suoi e di Uniade, ongaro signore, che per quarantamila
scudi condussero quarantamila Macomettani d’Asia in Europa, per
sovvenire al già rovinato Amurat, il quale per quel soccorso diventò
signore di mezza Europa. Lascio l’esempio di Moisè contro Faraone,
che è divinissimo, ecc., e può un buon cristiano contra il Turco de
suoi schiavi, come Moisè, esser da Dio eletto. E per questa disunione
può perire, ma Spagna no.
La terza unione è delle fortune, e per questa unione il re dei Turchi
domina la repubblica de Ragusei, che li paga il tributo per aver i suoi
beni sul regno del Turco, e per la vicinanza, la quale fa servire l’inferiore
a ogni superiore. E il re di Spagna per questa terza unione
domina a Genovesi, che hanno le mercanzie e le baronie nelli regni de’
Spagnoli.
Dico dunque che, avendo il Re i suoi regni disuniti, debba unirli
prima con l’unioni naturali, secondo con le politiche.
Con le naturali,
può concordare il sangue spagnolo, il quale è odioso a quasi tutte le
nazioni, perché è umile assai nel servire

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