Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 290

Precedente Successiva

perdere l’autorità che ha sopra quelli popoli de i quali è capitano, si
sforza a prolongar la guerra per stare sempre capo, e potere con l’occasione
insignorirsi a poco a poco vincendo, il che li altri capitani ed
eresiarchi ancora con tal arte intendono fare. E all’incontro i capitani
spagnoli desiderano che la guerra s’allunghi, perché corrano le paghe
e essi più autorità prendano. E fanno con quelli come facea Carlo Spinelli
in Abruzzo mandato contra Marco Sciarra, famoso bandito,
col quale colludeva non lo volendo estinto, acciò il Viceré di Napoli
lo mantenesse signor dell’Abruzzo, e li mandasse gli stipendii larghi
che li promesse, ed esso Marco li donava li stipendi dall’altra parte,
acciò che non lo travagliasse molto, sì che con doppie paghe,
dell’amico e del nemico, e con star in signoria del paese e con assicurarsi
di non pericolare in guerra allongava la guerra.
Così non è maraviglia se il re Filippo ha speso tanto in Fiandra
senza pro’, e ha più presto inasprito i popoli contra sé e fattoli più bellicosi,
e ha dato autorità al suo emolo Maurizio e a gli altri capi e l’ha
mantenuti uniti per paura de Spagnoli, i quali sono da essi disuniti
ancora nelli animi per la religione. Onde io credo che si faccia oggi a
Spagna più male combattendoli che lasciandoli stare, e più bene a loro:
sì come ben dice Sallustio e S. Agostino, che i Romani diventaro
grandi per il combattimento continuo che ebbero con li popoli vicini e
che per l’amor di mantenersi in libertà contra i Tarquinii e altri s’uniro e
rinforzaro. Ma quante volte ebbero pace tra se stessi, sempre esercitaro
guerre civili e dannose, finché, domato il mondo e Cartagine,

Precedente Successiva

Schede storico-bibliografiche