Tommaso Campanella, Aforismi politici, p. 134

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a poco, che il popolo non se n’avvegga, o mutargli il nome
et eligere d’ogni paese la robba che abonda, come da Puglia
grano, da Calabria seta, da Fiandra soldati e gente, e non
danari sempre.
127. Le pene con la spada più presto si devono essigere,
i tributi con la lingua più presto, la milizia vero con ambedue
strumenti.
128. O manca perché la stirpe del re, di cui ha occupato
il regno, si solleva con amicizia d’altrui, come Gioas contra
Atalia , aiutato da’ Sacerdoti. Però la reggia stirpe si deve
tutta estinguere, se ti è contraria di religione, come fe’
Giosuè et usa il Turco; o si deve transferire al tuo paese,
come fece Ciro di Creso e Ferdinando d’Aragona del figlio
di Federico, ultimo re di Napoli Aragonese occupato da
esso Ferdinando; o fare che s’avilisca, mutato il titolo della
famiglia, come i Veneziani, tolta Padoa a’ Duci Cararesi,
li mutaro il nome e chiamaro Papafavi.
129. O manca l’imperio per congiura d’omini forti et savii,
come di Bruto e Lucrezio contra Tarquini e di Dario et
altri contra i Magi Persiani. Per rimedio gl’omini savii e
forti si devono separare, sotto specie d’onorarli con governi
onorati in diverse regioni, e si devono tenere astretti con
beneficio, ma non estinguere, ma assumere a parte del dominio,
come fece Faraon a Gioseppe e Tiberio a Graziano,
perché è più certa la rovina quando gli dappoco et ignoranti
si sublimano nel governo e gradi.
Item è più pericoloso
quando la vertù s’occulta temendo del tiranno perché, venuta

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