Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 46

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la peste e per convertirsi in fuoco, cosa tanto nobile e
viva, che vien dal sole e a lui torna, e per non restar sospetto
d’idolatria. Restano pitture solo o statue di grand’uomini, e
quelle mirano le donne formose, che s’applicano all’uso
della razza.

L’orazioni si fan alli quattro angoli del mondo orizzontali,
e la mattina prima a levante, poi a ponente, poi a mezzodì,
poi a settentrione; la sera al riverso, prima a ponente, poi a
levante, poi a settentrione, poi ad ostro. E replicano solo un
verso, che dimanda corpo sano e mente sana a loro e a tutte
le genti, e beatitudine, e conclude: «come par meglio a
Dio».
Ma l’orazione attentamente e lunga si fa in cielo;
però l’altare e tondo e in croce spartito, per dove entra Sole
dopo le quattro repetizioni, e prega mirando in suso. Questo
lo fan per gran misterio. Le vesti pontificali son stupende
di bellezza e di significato a guisa di quelle di Aron.
Distingueno li tempi secondo l’anno tropico, non sidereo,
ma sempre notano quanto anticipa questo di tempo.
Credono che il sole sempre cali a basso, e però facendo
più stretti circoli arriva alli tropici ed equinozi prima che l’anno
passato; o vero pare arrivare, ché l’occhio, vedendolo più
basso in obliquo, lo vede prima giungere e obliquare. Misurano
li mesi con la luna e l’anno col sole; e però non accordano

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