Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 235

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Questa è infinita scienza, ma, chi mira i simboli, tutto intende,
se non in tutto.
Epilogo del senso dell’universo
Il mondo, dunque, tutto è senso e vita e anima e corpo, statua
dell’Altissimo, fatta a sua gloria con potestà, senno e amore. Di
nulla cosa si duole. Si fanno in lui tante morti e vite che servono
alla sua gran vita. Muore in noi il pane, e si fa chilo, poi questo
muore e si fa sangue, poi il sangue muore e si fa carne, nervo, ossa,
spirito, seme, e pate varie morti e vite, dolori e voluttadi; ma
alla vita nostra servono, e noi di ciò non ci dolemo, ma ci godemo.
Così a tutto il mondo tutte cose son gaudio e servono, e ogni cosa
è fatta per lo tutto, e il tutto per Dio a sua gloria.
Stanno come vermi dentro all’animale tutti gli animali dentro
al mondo, né si pensano ch’egli senta, come li vermi del nostro
ventre non pensano che noi sentemo e abbiamo anima maggiore
della loro, né sono animati dalla commune anima beata del mondo,
ma ciascuno della propria, come li vermi in noi, che non han
la mente nostra per anima, ma il proprio spirito.

L’uomo è epilogo di tutto il mondo, ammiratore di questo, se
vuol conoscere Dio, che però è fatto. Il mondo è statua, imagine,
tempio vivo di Dio, dove ha dipinto li suoi gesti e scritto li
suoi concetti, l’ornò di vive statue, semplici in cielo, e miste e
fiacche in terra; ma da tutte a Lui si camina.
Beato chi legge in questo libro e impara da lui quello che le cose
sono, e non dal suo proprio capriccio, e impara l’arte e il governo
divino, e per conseguenza si fa a Dio simile e unanime, e con
lui vede ch’ogni cosa è buona, e che il maleè respettivo e maschera
delle parti che rappresentano gioconda comedia al Creatore, e seco
gode, ammira, legge, canta l’infinito, immortale Dio, prima
Possanza, prima Sapienza e primo Amore, onde ogni potere, sapere

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