Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 172

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e le parentele, e l’arti giovevoli scambievolmente, e le mercanzie. La
divisione e gara per contesa d’onore e di chi meglio serve è utile al
prencipe, ma non l’odio, massime nato da contraria religione,
onde rovinò Francia e tutti paesi oltremontani, e tal contesa più
augmentò Roma, quando vinse la plebe; ma quando i nobili, più
rovinò. Se bene avvenne il contrario a Fiorenza, perché la plebe non si
nobilitava vincendo la nobiltà, ma si bassava, il contrario della
romana.

Però dico che il Re deve procurare che i popoli s’amino tra loro
con l’unità della religione, spiantando quei che seminano scisma, onde
rovinò Fiandra. Secondo, con i matrimonii de Spagnoli con tutte le
altre nazioni. Terzo, con le mercanzie e cambi d’una in un’altra
nazione. Quarto con l’equalità tra loro, perché in vero si trova in tutta
Cristianità questo errore, che alcuni sono poverissimi e altri ricchissimi,
cosa odiata da Platone, per levar l’insidie, la rapacità, superbia e
mollezza de popoli, e l’odio. Onde Moisè instituì ogni sette anni il
ritorno dell’eredità alla sua famiglia, e la libertà di servi della nazione
con qualche guadagno uscenti dalla casa dei padroni, ut lege divina
docuit
. E per questo l’elemosine e opere pie e ospitali son fatti, per
mantener l’amore tra essi e l’equalità.
Mai non si trovò congiura in Roma, dice Sallustio, contro la
patria, se non quando le ricchezze e dignità dei molti vennero in man
di pochi, <come> di Crasso, Pompeo e Cesare, e in Germania si sollevaro
i rustici a tempo di

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