Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 248

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di Francia si fece. E la grandezza dei baroni francesi, che tutti vollero
vivere da sé senza capo, come il duca di Borgogna, il Conte di Fiandra,
quel di Bretagna, quel del Delfinato, il di Savoia, e quel del Reno e
altri fecero, cercando dominio assoluto, tal che per queste ragioni e
per il poi introdotto ereticismo par che siano esclusi dal fato e da Dio
e dall’occasione di poter aspirare alla Monarchia del mondo, et iam
dederunt fructum suum
.
Ora tocca a Spagna per ragione fatale, e per la pazienza, obedienza
e discrezione. Ma perché a Francia, per la natura del paese,
armi e inimicizia contro Spagna, sempre averà guerra e opponersi
all’altezza di Spagna, la quale fiorendo sotto Carlo V fu impedita dal
re Francesco di Francia, e sotto Filippo <II> oggi può esser impedita
da eretici francesi e da questo gran guerriero Arrigo IV, è necessario
considerare molto bene le cose sue e servirsi dell’occasione, e vedere di
vincerli in quella parte ove sono deboli, acciò poi caschino alla parte
ove sono forti, e perché son deboli d’ingegno e non d’armi, per questa
via si deve con essi contendere.

E primo dico che la fortuna mostrò a Carlo V l’occasione di
levarsi questi emoli, avendo avuto in mano re Francesco e l’Alemagna,
onde potea l’armi vittoriose volgere in Francia, servendosi d’Alemanni,
che sempre furono l’antidoto di Francia come più boreali,
sendo più fieri, onde i Franconi, Normandi e Guasconi e altri forastieri
più settentrionali sempre alli meno settentrionali Francesi hanno
dominato, come similmente i Svevii e Goti a Dani e Pomerani. E con
queste armi Carlo potea opporsi alla loro fierezza nel primo empito, e
con le spagnole poi munire le fortezze, e con gl’Italiani temperare le
leggi e i tribunali, e soggiogare la Francia, e dividerla in subregoli, e
farsi capo come Imperatore de Cristiani. Ma egli ricorse a un

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