Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 364

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Appendix
Le cose di stato hanno un punto in sé, il quale non conosciuto tutte le
cose sono difficili, così come per muovere una barca giustamente, chi mette
vela, chi torce i remi, chi l’aggrava, chi l’alleggerisce, e nissuno indovina, né
fa niente, ma tutti si consumano. Viene poi il savio marinaro, e con muovere
un poco il temone aggiusta ogni cosa. Però la Monarchia di Spagna ha bisogno
d’uno che intenda dove sta il suo temone, altrimenti tanti sforzi e discorsi
suoi son vani.
Quando volea papa Clemente VIII reformare i religiosi,
ogn’un facea nuove leggi e ordini e riforme di vestimento, di ceremonie, di
lezioni, di digiuni, etc. Io, che ero in Santa Sabina, dissi che tutto era soverchio
quello che i comissarii facevano, perché basta la regola sola, ma che essi
non toccavano il temone, e dissi che il temone era solo fare che nissuno avesse
chiave e serratura nelle casse e nella camera, se non comune del dormitorio,
che così cessava la proprietà, i libri lascivi, i processi, li doni, etc. Ma perché
questo temone toccava tutta la barca sino ai capi priori non lo volsero toccare,
perché cercavano far leggi sopra i novizi e conversi e non sopra di sé, e
la buona intenzione del Papa non si eseguiva. Così Spagna ha bisogno d’un
saggio timoniero.
Ho detto assai della prudenza e occasione che deve ben usar il re di Spagna,
in universale e particolare, sebbene, per essere stato dieci anni in travaglio,
non posso avere le relazioni, e non ho libri, né anco la Bibbia, e sono
ammalato. Onde né troppo ordine serbai, che altre cose in altro luoco e più
volte ho posto che non si dovea. Spero un giorno scriverle meglio.
V.S. legga questo schizzo, che a Pasqua spero rifarlo,

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