Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 54

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minacci che, se non ritorneranno alla Chiesa Romana, li priverà della
dignità di tal elezione, poiché dal Papa l’ebbero, e ora che dicono il
Papa esser Anticristo, senza contradizione in propriis verbis non ponno
negare che essi non siano anticristiani, onde, non ritornando alla fede
cattolica, dalla stessa setta loro sono astretti a lasciare questa dignità. E
si devono congiurare per opra del Papa Francia, Italia e Spagna, che
senza dubio sarà di gran giovamento, e vinti che saranno, si devono
disfare a radicibus le sette loro, e mandare nove colonie.
E questa impresa è tanto facile, che Carlo V solo bastò a farla.
Imperoché le città libere di Germania non desiderano la grandezza
dell’Imperio per non ritornare a servitù, e sono tarde a deliberare ed
eseguire. Però la celerità contra loro è importantissima delle genti cristiane
unite. E fatto questo, quelli i quali furono più pronti e con più
genti, devono farsi elettori dell’imperio per autorità apostolica, siano
Italiani o Francesi o Spagnoli o Germani, overo si caveranno a sorte,
secondo le prime potenze di Cristianità converranno.
E dopo l’imperio
in Spagna transferire in quell’impresa, ma bastarebbe a farsi eleggere
imperatore un Re di Spagna, che andando in Germania con
buone forze l’espugnarebbe subito, sendo in essa la divisione degli stati
e religione; massime andando con prestezza e con titolo di passare in
Ongaria. Questo dico per l’importanza che corre a Spagna sotto gli
auspicii del Papa pigliar l’Imperio. E la dichiarazione del titolo di Re
universale dimostra che lo Spirito Santo parla con più sentimenti nella
bocca delli ecclesiastici.

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