Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 70

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IX
Del Re
Non sa governar il mondo chi non sa governare un imperio, né un
imperio chi non sa un reame, né un reame chi non sa una provincia,
né una provincia chi non sa una città, né una città chi non sa una villa,
né una villa chi non sa una famiglia, né una famiglia chi non sa una
casa, né una casa chi non sa governar se stesso, né sa governar se stesso
chi non sottopone le sue passioni alla ragione, la quale né anco saprà
sottoporle se non si sottomette a Dio primo signore, perché ribellando
essa da Dio, che è la prima Sapienza, tutte le cose sottoposte a lui si
rebelleriano da la ragione per la pena della pariglia naturalissima in
tutti i dominii e atti umani.

Sì che, viste le idee di tutti i principati, diciamo che il re di Spagna
deve procurar d’esser sapientissimo, perché ogni virtùè passione
dell’animo posta in misura, ed eccedendo o mancando da quella, è
vizio. La misura la pone la ragione. Però si deve sapere che non
l’azioni sono bastanti a fare l’uomo virtuoso, ma ci vuole l’inclinazione
naturale, la quale dalla complessione delli genitori e dall’aere e
dalle stelle deriva.
Pertanto, non potendosi fare elezione in Spagna
d’un uomo ottimo a reggere, ma venendo per descendenza, dico che
si deve pigliare una moglie (poiché la religione vieta le più), la quale
sia di gran corpo, e feconda, atta a generare, ed esercitarla quanto
all’ingegno e corpo, e non curar della nobiltà della casa solamente,
altrimente o sarà sterile o non ti piacerà, e avverranno quei mali che
avvennero ad Arrigo VIII d’Inghilterra e al duca di Mantua. Onde
lodato saria il duca Francesco di Toscana,

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