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cura dell’anima/cura del corpo
In questa sezione sono ospitati contributi attinenti alla concezione della filosofia come un tipo particolare di terapia, in particolare quella terapia che ha per oggetto l’anima e le ricadute dei suoi stati, virtuosi o viziosi, sul corpo.
Michele Alessandrelli,
Praemeditatio malorum
Tra i diversi esercizi spirituali ideati dalla scuola stoica per la cura dell’anima ve ne è uno in particolare che non ha mai smesso di attirare l’attenzione degli studiosi. Si tratta della famosa praemeditatio futurorum malorum, espressione desunta da Cicerone (Tusculanae disputationes, 3, 14) che si potrebbe tradurre con “anticipazione meditata dei mali futuri” o “meditazione anticipatrice dei mali futuri”. Lo scopo di questo esercizio è proteggere il soggetto dall’irruzione improvvisa di un male inatteso (più presunto che reale), irruzione che scatena una attività immaginativa disordinata con una inevitabile e incontenibile deriva passionale. Il più importante degli Stoici antichi, Crisippo di Soli (III sec. A.C.), stando a Galeno (De placitis Hippocratis et Platonis 4, 7), la descrive come quella tecnica che ci consente di assuefarci prima (proendêmein) alle cose che non ci sono ancora, comportandoci con esse come ci si comporterebbe quando ci sono. Un filosofo stoico più tardo, Posidonio di Apamea (II-I a.C.), spiega il verbo proendêmein come significante la capacità di presentificare (proanaplattein) il male futuro, sotto forma di impronta o immagine sempre disponibile, prima che esso avvenga. Questa disponibilità del male futuro sotto forma di immagine consente al soggetto di familiarizzare con esso e di non essere, pertanto, colto impreparato dalla sua futura possibile apparizione. L’immagine, il tupos, anticipa il male futuro e lo fa già presente. Ma ciò che importa è quanto segue. La rifinitura e la credibilità di questa immagine sono tali che per il soggetto la possibile futura apparizione del male in questione diventa del tutto irrilevante. Esso infatti è già dato e fatto presente nel tupos approntato con arte dal soggetto che attua la praemeditatio. La forza di questo esercizio riposa sulla convinzione propria degli Stoici che solo la virtù (il vero bene) vada ricercata e solo il vizio (il vero male) temuto. Tutti gli altri mali sono solo mali apparenti o presunti, sono cioè eventi, fatti, accadimenti esperiti dagli uomini inesperti (anoêtoi per Plutarco nel De tranquillitate animi 473 c) come già contaminati e compromessi da una cattiva ed erronea ermeneutica del reale. Questa ermeneutica, che gli uomini inesperti subiscono inconsapevolmente, stravolge e altera la realtà presentandola come minacciosa e distruttiva. L’immagine del male futuro posta in essere dal soggetto impegnato nella praemeditatio è uno strumento o dispositivo che purifica l’evento anticipato dalle scorie velenose di questa cattiva ermeneutica e lo restituisce al soggetto neutralizzato e indebolito nella sua potenza distruttiva, cioè ridotto al suo status di indifferente (Euripide, frr. 392 e 818 Nauck).
Questa tecnica è stata fatta oggetto nell’antichità di molte critiche, la più famosa delle quali è quella epicurea. Del contesto polemico in cui la praemeditatio malorum si è venuta affermando e perfezionando ha scritto egregiamente Michel Foucault nel corso al Collège de France del 1981-1982, corso poi pubblicato nel 2001 con il titolo di L’herméneutique du sujet. Queste critiche, nel cui merito non è qui possibile entrare, si basano sulla svalutazione del futuro e degli atteggiamenti cognitivi orientati al futuro. L’attenzione rivolta al futuro distoglie dal presente e, soprattutto, dal passato, l’unico nostro vero possesso inalterabile, onde la centralità della memoria (cfr. Plutarco, De tranquillitate animi 473c). Il futuro o è privo di consistenza ontologica o è già dato come determinato e certo in virtù di cause preesistenti. In entrambi i casi, intrattenersi con esso non ha senso: nel primo caso, perché il contenuto dell’immaginazione è un phantasma, nel secondo perché di fronte a tale contenuto siamo del tutto impotenti, visto che l’evento ad esso corrispondente è destinato ad accadere o non accadere, qualunque cosa noi facciamo o non facciamo per impedirlo. La paura strappa l’uomo dal passato e dal presente, cioè dalla vera realtà, e lo costringe a concentrarsi disordinatamente sul futuro, esasperando la sua folle pretesa di controllare ciò che non può essere controllato. Ora, queste critiche, incentrate sull’insensatezza del futuro come oggetto di attenzione e immaginazione, non colgono nel segno e non rendono giustizia alla praemeditatio malorum. Come Foucault ha giustamente osservato, la praemeditatio malorum non è affatto un esercizio orientato al futuro, bensì una tecnica che neutralizza il futuro presentificandolo in una compagine ordinata e coerente di immagini o tupoi. Il futuro nella praemeditatio si fa presente nella sua verità, perdendo ogni autonomia quale oggetto di rappresentazione. Non solo, esso si fa o è fatto presente nella forma rappresentativa più dura, certa e immediata. Nulla è risparmiato al soggetto nella praemeditatio. Gli scenari peggiori vengono, attraverso essa, evocati e riprodotti fin nei minimi dettagli, con una cura degna della più accurata e crudele delle rese visive e pittoriche. Il futuro diviene così iperconsistente in virtù di un potente atto di presentificazione. Questa iperconsistenza, tuttavia, ha la paradossale proprietà terapeutica di annullare il veleno iniettato nelle cose che ci accadono da una ermeneutica generata dalla paura, ermeneutica che l’uomo patisce e che opera in lui quasi automaticamente, al modo di una risposta tanto perentoria e incontrollabile quanto è violenta e inattesa l’irruzione del male presunto. Per certi versi, la praemeditatio malorum sembra quasi nascondere un debito stoico, in particolare crisippeo, verso la concezione megarica della realtà, in cui il possibile e il futuro collassano, rispettivamente, sul reale e sul presente, e il reale e il presente si danno solo come già compiuti e mai come in processo o in via di compimento. Megaricamente, il male anticipato non è un male possibile, ma un male sicuro, non è un male futuro ma un male già reale, non è un male in atto, ma un male già compiuto, ma, soprattutto, non è un male.
Testi
Giampiero Arciero, Guido Bondolfi, Viridiana Mazzola, Capitolo 11: Cura di sé e terapia fenomenologica (con allegata bibliografia), da Iidem, Fondamenti di psicoterapia fenomenologica. Cura di sé e psicologia non razionalista, Torino, Boringhieri, 2019, pp. 313-365
Steven A. Miller, Toward a Practice of Stoic PragmatismAuthor(s), “The Pluralist”, X, 2015, 2, pp. 150-171
Peter N. Singer, A New Distress: Galen’ s Ethics in Περὶ Ἀλυπίας and Beyond, in Caroline Petit (ed.), Galen’s Treatise Περὶ Ἀλυπίας (De indolentia) in Context. A Tale of Resilience, Leiden, Brill, 2019, pp. 180-198