Tommaso Campanella, Lettere, n. 48
A GIOVANNI FABRI N ROMA
Napoli, 10 dicembre 1618
Illustrissimo signore,
son tre mesi che mi trovo fuor del lago di Ieremia mezo libero in Castelnuovo.
 Parlai al Viceré, mi promise
            libertà integra e menarmi a San Domenico
 a disputare, e darmi libero con pregeria per li falsi sospetti che mossero
            gl’invidi e processanti. E questa promessa non par di finirsi. Io
 aspettavo scriver a Vostra Signoria illustrissima in
            libertà e all’Eccellenza
 del Prencipe nostro. Ora, non la vedendo, le dico questo supplicando
 che mi commandi,
            affinché io possa render particella alcuna delli tanti favori
 che m’ha fatto. Li manderò Favella dotto veramente, che
            quando fu in
 Roma era fanciulleria quel che sapeva, se non venev’io. Qua si fanno osservazioni
 delle comete, e io al
            fine scriverò qualche discorso. Questi signori
 m’han fatto vigilare alcune notti. Dio sia sopra noi con la sua
            misericordia
 etc. Desidereria dal serenissimo di Mantova una lettera al Viceré, che adimplisca
 quel che m’ha promesso;
            o se no, mi faccia la giustizia ch’il re m’ha
 conceduto, però le scrivo e desidero che Vostra Signoria o il signor
            Prencipe
 o ambidui ci presentino la lettera: però la mando a lei, faccia secondo suole,
 e l’assicuro ch’avanti
            Quaresima saremo in Roma. Non manchi al servo suo 
 o alla propria gentilezza, a cui fo riverenza, e al nostro Prencipe quanto posso,
 e saluto tutti virtuosi
            amici e academici etc. Risponda subito. Resto al
 suo commando, pregando Dio che la conservi a ben de buoni. Amen. 
Da Castelnovo di Napoli, X dicembre 1618.
servitore obligatissimo
Vostra Signoria la doni al signor Scioppio, se l’Altezza di Mantoa non è in
 Roma; o la mandi a Sua Altezza
                come le pare. Scrivo pur a Sua Beatitudine
 del medemo, che si contenti con pregeria etc. 
