Tommaso Campanella, Lettere, n. 61
AL CAVALIER CASSIANO DAL POZZO IN ROMA
Napoli, 10 agosto 1624
Molt’illustre signor mio osservandissimo,
supplico di novo a Vostra Signoria molto illustre che s’adopri in maniera 
 ch’il Padre generale o il mio
            Protettore faccino quel memoriale di parte la 
 Religione al Re Cattolico, perché di novo mi viene scritto che solo questo
            
 s’aspetta per dar licenza ch’io sia spedito; e se passan due mesi, quel che 
 sta negoziando questo si ritorna da
            Spagna, e perdo quanto ho fatto. E 
 benché il Padre generale repugni con iscuse vane, come suole, né vol riconoscer 
            il suo gregge tutto, se non dov’è commodo – anzi mi vorrebben nocente, 
 perché non avesser briga di difender la innocenza
            –, non però lasci 
 Vostra Signoria l’impresa, tanto più che s’è stampata la Monarchia di Spagna
 due volte, e sto bene con li Spagnoli di là. 
Di più, tratti la licenza per fra Dionisio di Castelvetere, che venga in Roma 
 per li miei negozi, perché lui presenterà al
            santo Papa quel libretto mio 
 eminentissimo – e dicolo senz’arroganza – e altre cose che Favilla per codardia 
 non vol
            darle, e fa male a sé e a me; e tratteria la stampa del Reminiscentur
 e altre cose a me necessarie. Vede Vostra Signoria che cose dormeno 
 a tempo di un Papa tanto savio e animoso!
            Dispiacemi ch’io li scrivo e non 
 ha le mie lettere. Se Vostra Signoria mi vol favorire a farcile avere, io scriverò 
            per lei o come mi conseglierà. 
Sappia ch’in Napoli dui Agostiniani e un Gesuino han la copia del Reminiscentur,
 e ciascun se n’aggrandisce; e son venuti da Roma; e per questo anche 
 sto disgustato con Favilla. Vostra Signoria non
            aspetti ch’altri mi faccia 
 queste due grazie; ma lei s’adopre e me le mandi, s’è possibile. Né creda alle 
 difficoltà che ci metteno. Dispiacemi che Favilla dice che l’illustrissimo Barberini 
 rispose a Scioppio che
            io non steria bene nella Religione per l’invidia, e 
 che sto meglio qua. Vostra Signoria le dica che, se io sarò in Roma,
            comunque 
 sia, cesserà l’invidia quando sarò conosciuto da’ superiori e parlerò a Sua Beatitudine; 
 e che tutto il mio
            male è l’esser lontano e in man della parte, con gelosia 
 ecc. Dio conservi Vostra Signoria molto illustre e a me doni
            libertà per 
 poterla servire. Dicami li libri che ha, e qual più li piace di miei, e che desidera. 
Napoli, 10 di agosto 1624.
servitore affezionatissimo
