Tommaso Campanella, Lettere, n. 108
AL CARDINALE GIROLAMO COLONNA IN BOLOGNA
Parigi, 12 febbraio 1635
Eminentissimo e reverendissimo mio signore padron colendissimo,
credo sia noto a Vostra Eminenza per lettere di miei signori Colonnesi
romani con quanta arte cercaro
trappolarmi e riducermi a Napoli i miei
persecutori, e quanti strazii mi fur fatti nella Minerva, e come sia
venuto
in Francia al servizio del re Cristianissimo, non come politico, ma come
scienziato instrumento contra eretici.
Sia lodato Dio.
Ho scritto al signor Contestabile e agli altri suoi figli, miei padroni: m’è venuta
l’occasione di scriver a Vostra Eminenza
e ricordarli quanto li son servitore
fedele e sempre il medesimo; e tutti questi principi s’ammirano con quanta
ragione
e zelo io parlo di Vostra Eminenza e di tutta sua casa; e più volte son venuto
a disputa ecc. Supplico Vostra
Eminenza sequiti ad amarmi, che forse son
più util servo qua ch’altrove; e vedrà Nostro Signore, che vaglio più io per
la
santa Chiesa o per l’interessi di sua casa, che sette ambasciatori ecc.
Resto al suo comando, e la supplico scriva una carta al Padre priore di
san Stefano del Bosco, che restituisca la pregeria a
certo prete, secondo il
memoriale che verrà incluso in questa: perché in verità secondo le leggi civili
e canoniche, e
secondo l’osservanza della curia, non può tenerla ecc.
Io sto bene e prego Dio che mi conservi Vostra Eminenza, a cui fo umilissima
riverenza.
Parigi, 12 febbraio 1635.
servitore perpetuo e vero
fra Tomaso Campanella ecc.