Tommaso Campanella, Lettere, n. 113
A NICOLAS-CLAUDE FABRI DE PEIRESC
IN AIX-EN-PROVENCE
Parigi, 16 marzo 1635
Illustrissimo e reverendissimo signor e padrone osservandissimo,
ho scritto più lettere a Vostra Signoria per via di Lione, raccomandate
al signor Roberto Galilei, e
un’altra finalmente per mezzo de’ signori Puteani,
e non ho risposta; e come impaziente che sono, l’avviso di novo
li
gran favori e onori che mi fe’ la Maestà Cristianissima, e com’è venuto
poi monsignor Buttiglier a portarmi un
brevetto di centocinquanta lire
al mese, che son seicento scudi francesi e settecentoventi romani. Ringrazio
Dio e la
liberalità del Re, che pur disse volermi raddoppiare ecc. Ma io
sto contento del poco con la quiete ecc.: per me assaissimo.
Di più, mandai
una cartella alli signori Gastines e Lamberti, che pigliassero il baullo
chi mi verrà da Italia con la
galera di monsignor de Pilos, e l’inviassero
a Vostra Signoria illustrissima; e li dissi che non ero più fra Lucio
Berardi
minimo, ma Fra Campanella de’ Predicatori, perché sapessero chi è la persona
a loro obligata per le molte
accoglienze che m’han fatto. Se per ventura
non fosse capitata in man di Vostra Signoria questa cartella, potrà
avvisarli,
e dirli tutto quanto loro scrissi, e l’obligo che professo portar loro.
Mi scrive monsignor Burdelot da Roma,
che manderà il conte di Novaglia
ogni cosa ecc., e lui anche a Vostra Signoria le cose ch’ordinai per gusto
della sua
curiosità.
Iersera, legendo il mio servo la novella del Boccaccio di quel Saladino
soldano alloggiato da Torello in Pavia
e delle gran cortesie che usò e che
li fûr usate, venni in pensiero che non ci è persona equivalente al tempo
nostro a
quelle mirabili persone, se non Vostra Signoria illustrissima; e mi
son rallegrato ch’il tempo nostro non è vacante
dell’antico valore ecc. Scrissi
di ciò a Roma al signor cavalier Pozzi, il qual avea ricevuto quattro libri della
nostraMedicina avanti che io arrivassi a Parigi, e questo nuncio Bolognetti
vuole che l’avessi dato io
al librar ecc. A cui fu scritto, e insieme a monsignor
Mazzarini, di parte di nostro signore Papa, che mi facessero tutti
li
favori chi pônno, e secretamente mi donassero quel che mi dava in Roma;
ma ch’io non stampassi cosa senza saputa
loro. E questo io scrissi da quando
ero appo Vostra Signoria illustrissima a Nostro Signore, a cui professo
obligo
infinito e più che quel del Saladino; e dimandai per giudici il Cardinal
Duca e la Sorbona.
Il signor Gaffarelli son sei giorni ch’è partito per Roma; forsi passerà per
Aix e li narrerà la istoria tutta. Scrissi al
signor Galilei che mi avisasse per
che via ho da restituir le venti pistole a monsignor Rossi, e non ho ancora
risposta;
e a Vostra Signoria significai ch’in Napoli sta carcerato mio nepote
e in Roma fuggitivo mio fratello con perdita di quanto
ci era in casa; e mandai
loro quanti denari ho potuto, e per questo non subito ho sodisfatto ecc.
Mi bisognarà
prosequire, e vedo che Domenedio non mi manca ecc. Io sto
più sano che prima e fra gente buona, caritativa, che non consente
alli mali
ufficii che lor son soggeriti dal mio Caino achitofellista di Roma; anzi, m’avvisono
e stimano più che non
merito con continui e cordiali buon officii.
Resto al suo comando, e li prego da Dio ogni felicità della terra e del
Cielo. Saluto caramente il signor Cassendo e
l’aspetto; e al signor Barone
fo umil riverenza, e a tutta la casa, ospizio di virtù ecc.
Parigi, 16 marzo 1635.
servitore obligatissimo e devotissimo
Fra Campanella ecc.