Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 25
presumitori di quel che non sanno. Però la communità tutti li
fa ricchi e poveri: ricchi, ch’ogni cosa hanno e possedono; poveri,
perché non s’attaccano a servire alle cose, ma ogni cosa
serve a loro. E molto laudano in questo le religioni della cristianità
e la vita dell’Apostoli.
Ospitalario. È bella cosa questa e santa; ma quella delle
donne communi pare dura e ardua. S. Clemente Romano dice
che le donne pur sian communi, ma la glosa intende quanto
all’ossequio, non al letto, e Tertulliano consente alla glosa;
ché i Cristiani antichi tutto ebbero commune, altro che
le mogli, ma queste pur fûro communi nell’ossequio.
Genovese. Io non so di questo; so ben che essi han l’ossequio
commune delle donne e ’l letto, ma non sempre, se
non per generare. E credo che si possano ingannare ancora;
ma essi si difendono con Socrate, Catone, Platone e altri.
Potria stare che lasciassero quest’uso un giorno, perché nelle
città soggette a loro non accomunano se non le robbe, e le
donne quanto all’ossequio e all’arti, ma non al letto; e questo
l’ascrivono all’imperfezione di quelli che non han filosofato.
Però vanno spiando di tutte nazioni l’usanze, e sempre migliorano;
e quando sapranno le ragioni vive del Cristianesmo,
provate con miracoli, consentiranno, perché son dolcissimi.
Ma fin mo trattano naturalmente senza fede rivelata; né ponno
a più sormontare.