Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 108

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XII
Del Consiglio
Il supremo consiglio <sia> del Re con pochi sapientissimi, e parte
religiosi, faccia il consiglio della grazia sopradetto, superiore a quel
della giustizia. I consegli che vi sono stan bene, ma più religiosi ci vorrebbero
per le cause dette, cioè per tirare a sé gli ecclesiastici e far le
sentenze più venerabili.
Si deve sapere che a consegliare non ogni nazione è buona sopra
ogni nazione, ma quei che sanno il costume del paese e sono atti a
questo per scienza, come Platone, o per natura, come Cincinnato.

Però sendo i Spagnoli uomini sottili in cose minute e di parlare, e i
Germani in cose manuali e faticose, e gli Italiani in cose di governo,
doverà il Re fare il Consiglio conveniente a loro.
Onde dico che il
Consiglio della navigazione a Portoghesi più si deve e a Genovesi;
quel delle arti mecaniche di far fabriche e fuochi artificiali e machine
ad oltramontani; quelle di governo alli Italiani; quel del mantenimento
delle fortezze e sentinelle ed esplorazioni e ambasciarie e della
religione a Spagnoli più si conviene. E avendo il Re da acquistare il
mondo, deve tutte le genti spagnolare, cioè farle spagnole, e del
governo farne parte e della milizia, come fecero i Romani e usa il
Turco: altrimenti i Spagnoli soli perderebbero la ferocia nell’armi,
pigliato un paese, e non avendo gara d’onore, e i conseglieri non studiarebbero
a dir meglio l’uno dell’altro, né a farsi più savio, sapendo
che altra nazione non può entrare in conseglio.

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