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CLXIII. Roberto Ubaldini a Scipione Borghese (Parigi, 27 agosto 1615).
ASVat., Segreteria di Stato, Lettere dell’Ubaldini, Nunzio in Francia, dell’anno 1614-1615, t. iv, Nunziatura di Francia, v. 56, ff. 246r-247r.
Minuta di una lettera non autografa dell’Ubaldini, priva di destinatario e di datazione. Il destinatario si deduce dalla lettera precedente. La data si evince dal fatto che la minuta è collocata tra due altre, entrambe datate 27 agosto 1615.
Al medesimo,
D. Giulio Cesare Vanini che apostatò, anni sono, dall’ord(in)e Carmelitano, di cui era professo sotto nome di fra Gabriele, Sacerdote e Predicatore di qualche nome, e si ritirò poi in Inghilterra insieme con fra Bonaventura Ginocchio professo anc’egli del med(esim)o ordine; di dove furono poco dopo richiamati dalla voce di Dio e dalla benignità della B(eatitudi)ne di N(ostro) S(igno)re che a questo effetto fu servita di dispensarli dall’ordine sud(dett)o e di permetterli di vivere in habito di Preti secolari, come ve li dispensò effettivam(en)te Mons.r Nuntio a Bruselles, si partí già fa l’anno di qui, per venire a Roma, ma gionto a Genova, ed ivi trovato il sud(dett)o frà Bonaventura [nome assunto da Ginocchio nella religione carmelitana] sotto nome di D. Gio(vanni) Maria fu trattenuto cola in casa del sig.r Scipione Doria per insegnare la filosofia a i suoi figlioli; e n’è dimorato sino alla vigilia di S. Sebastiano [19 gennaio 1615], nel qual giorno essendo stato avvisato, che d(ett)o Gio(vanni) Maria era stato preso a Chiavari per ordine dell’Inquisi(to)re di Genova, fu talmente commosso, et impaurito di q(uest)o accidente per dubbio, che non avvenisse a lui il med(esim)o, ché se ne fuggí, e venne subito a Lione, ove essendosi fermato alcuni mesi, ha publicato in stampa un libro intitolato Amphitheatrum aeternae Providentiae adversus veteres philosophos, Atheos, epicureos, Peripateticos et Stoicos, e finalmente è venuto a trovarmi per espormi tutto questo successo per dirmi che dalla sua assolutione in qua, come non ha commesso errore alcuno, cosí gli è parso strano, che si sia proceduto contro di lui nel s(uddett)o officio, supponendo di essere stato avisato da Genova, che fece quell’Inquisitore diligenza, per havere anco esso nelle mani, e finalmente per pregarmi, di dar di tutto ciò riverentiss(i)mo conto a V. S. Ill.ma e di supplicarla di avisarmi, se ci è denuntia alcuna in cotesto Tribunale contro di lui, a fin ch’egli possa risolversi a i med(esimi) piú sicuri per giustificarsi, come grand(emen)te desidera; in che parmi si possa darli ogni honesta sodisfatt(io)ne, massime essendo d’ingegno vivo e spiritoso e che potrebbe fare di molto male, se vinto dalla disperat(io)ne prevaricasse di nuovo, come fece gl’anni adietro. U.
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