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CLXXIII. Typographus Lectori.
Nulla re magis itur consultum generi humano, quam cognitione rerum, quas Deus fecit occultas, ut tanquam lapilli in obscuro, secretius emicare possent. Pauci vero sunt quos ardentis virtutis afflatus in hoc studium excitavit et sentimus vix fieri, ut singulae aetates singulos ferant. Unicus aetate nostra verus Philosophorum Princeps et Aristotelis redivivus ab omnibus doctis noscitur I(ulius) C(aesar) Vaninus, qui omnes scientiarum Deos intulit Latio, et aeternitati iam ante litavit. Unde nos publicae utilitatis solliciti, alia eius monumenta, quae avarius retinebat, per idoneos exscriptores nancisci curavimus. Itaque eius Dialogi LX, totius philosophiae arcana continentes, ad manus nostras pervenere, quos duobus integerrimis, dosctissimisque Viris tradidimus, ut ad maiorem tuam, candide Lector, facilitatem quatuor in libris dividerent, et cuique libro apponerent titulum: quod libenter illi praestarunt et libentius nos in lucem damus, sine expresso illius consensu, non tamen sine concessu. Nam cum hic labor noster ad finem accederet, illum furti istius nec manifesti certiorem fecimus, ut quod maxime quaerebamus ad exhibendum in nos ille agere posset. Spes enim indubia erat artem non improbandam, qua usi sumus, visum iri, et autorem ipsum cogi debere, ut quae revocare non poterat, comprobaret. Comprobavit itaque nostram in bene agendo praeposteram fiduciam, et lumen sibi inscio datum admisit, atque lubens Soli maximo dedicavit. Tuum est, benevole Lector, laudare admirandam sapientissimi Philosophi in componendo hoc opere scientiam, et nostram in publicando solertiam. Vale et donis a me tanquam a Prometheo furtivis, bonisque utere coelestibus.
Nulla è piú utile al genere umano che la conoscenza delle cose che Dio rese occulte affinché potessero risplendere nella piú profonda segretezza, come gemme nell’oscurità. Pochi sono coloro che furono eccitati dal soffio della passione ardente dello studio di tali arcani; sentiamo che a stento ciascuna età genera uomini siffatti. Unico al tempo nostro, noto a tutti i dotti quale vero principe dei filosofi e quale redivivo Aristotele, Giulio Cesare Vanini affidò al latino i numi di tutte le scienze e li consacrò all’eternità. Perciò noi, solleciti del pubblico interesse, ci siamo preoccupati di impadronirci per mezzo di due capaci copisti di altri suoi testi da lui custoditi con troppa avarizia. Cosí son pervenuti nelle nostre mani i 60 dialoghi contenenti gli arcani di tutta la filosofia e li abbiamo affidati a due uomini di sicura dottrina e integrità affinché per renderti piú agevole la lettura, o candido lettore, li dividessero in quattro libri e apponessero a ciascuno un titolo. Essi attesero a tale espressa approvazione, ma non senza il suo consenso. Infatti, quando questa nostra fatica si approssimava alla fine, lo informammo del furto non ancora scoperto affinché potesse indurci a fare ciò che desideravamo in sommo grado. Nutrivamo, infatti, la sicura speranza che lo stratagemma di cui ci eravamo serviti non sarebbe parso degno di disapprovazione e che l’autore stesso si sarebbe sentito doverosamente costretto ad approvare ciò che non poteva revocare. Cosí egli approvò la nostra intempestiva sicurezza di aver agito bene e acconsentí che a sua insaputa fosse dato alla luce il libro e di buon grado lo dedicò al grandissimo Sole. Sta a te ora, o benevolo lettore, lodare la mirabile scienza del sapientissimo filosofo nel comporre questa opera e la nostra solerzia nel pubblicarla. Stammi bene e serviti pure dei beni celesti e dei doni furtivi che io, come se fossi un novello Prometeo, ti offro.
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