Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 154
Fiorenza, e Maurizio di Sassonia a Carlo V. E chi non può rendere il
contracambio per la grandezza del beneficio, odia la virtù del benefattore
invidiosamente, come il re Francesco quella di Carlo.
Però io dono anco per ragione che successe Filippo e non poté
andar alle guerre, perdette Fiandra e il titolo imperiale. Ma la disgrazia
che ebbe di Carlo suo figlio fu più grande d’ogni altra, perché quello
sarebbe andato alle guerre, il che mentre non fa il Re è necessitato a
mantenersi, più che acquistare, e i suoi capitani a rubare e aggrandirsi
del suo tesoro, facendo bottega della guerra a sé, e non imperio al Re.
Però io dono queste regole (benché in questo luogo sconvengano),
che quando si occupa paese strano di religione e dominio, si debba
spopulare e trasmigrare le genti facendole schiave, e battezzare i figli e
farne serraglio o mandarli al Mondo nuovo, e mandar una colonia dei
tuoi, e un governatore fedele e prudente. E questo si dovea fare in
Tunisi da Carlo V, e Muleassen trasportarlo in Napoli. Il medesimo
dovea fare in Sassonia, Brandeburgh e Assia di Germania, mandando
colonie ed abbassar le città libere e facendo governatori tre cardinali di
quei paesi.
Quando poi si occupa paese strano di dominio, ma non di religione,
non si deve spopulare né mutar legge, ma presidiarlo e mandar
i supremi officiali dei tuoi, e i bassi officiali siano del popolo del paese,
e a poco a poco mutar le leggi loro nelle tue, però più strettamente o
largamente secondo il clima comporta. Tutti i capitani di fazione poi
estinguere con occiderli se ti furo contra; o vero donarli baronie nel
tuo paese di Spagna, se ti furo in favore, o farli traficar nei tuoi regni.
Mai non si devono i capi lasciar nel paese che hai vinto di loro, e
dovea farsi questo de i Strozzi, Medici, Capponi, Petrucci e altri capi
di Siena e Firenze. Di