Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 16

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perché il fato della sua volontà richiedeva allora la grandezza e mutazione
delle loro monarchie.

Dunque i Caldei, Medi e Persiani Dio per le stelle invocaro, dove
mancò la prudenza; i Greci negli oracoli pitonici, i Romani negli
augurii e aruspicina. Ma i filosofi più saggi cercaro Dio nella natura,
come Pitagora nelli numeri, che sono ragione di Dio seminata nel
mondo. Ma meglio gli Ebrei per bocca de profeti, i quali Dio mandò,
e i Cristiani seguitaro quello stile, poiché Michael, l’angelo dell’imperio
loro, è trasferito all’imperio ecclesiastico.
E si deve stimare che
mancando un imperio l’angelo di quello si trasferisce all’altro vincitore
(salvo meliori iudicio), e i Romani seppero questo segreto, e non
voleano che si sapesse il loro, perché non fosse dall’altre signorie invocato.
Però si può dire che il persiano angelo o ha ceduto al greco, o
vero s’è posto in possessione del greco, e così quel di Costantinopoli
or combatta per lo turchesco, o vero abbia ceduto e sia per lo germano,
e quello di Germania anco, e dove più angeli sono, più ponno
augumentare.

Dico dunque per intelligenza delle Scritture che quando Dio parla
male o bene d’un imperio, non si deve di quello solo intendere, ma di
tutti i successori e mutatori di quello; altrimente Dio non averia
donato la notizia d’ogni cosa futura alla sua Chiesa per i profeti (cosa
inconveniente), onde dalle stelle e da altre cause bisognarebbe investigare,
il che essendo proibito in parte per la sua provvidenza dal Papa,
bisogna credere che ogni cosa sia prevista. Dunque quando parla
dell’imperio babilonico, s’intende del persiano, greco e romano

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