Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 38

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excelsum est, cadat, disse Nerone, e Periandro. Ma la prudenza si serve
di quelli per aggrandire più la sua grandezza, come Faraone buono,
contrario all’altro astuto, si servì di Gioseppo, e il papa usa far delli
savii e letterati, facendoli cardinali, vescovi, etc.
L’astuto cerca inganni bassi e fraudi contrarie al suo popolo, per
debilitarlo e sbassarlo. La prudenza usa inganni amorosi e utili, per
farlo savio e legarlo a far l’officio suo, come usò Numa, per farsi venerando,
e per tenere in freno Roma con la religione.

La prudenzaè di Cesare, l’astuziaè di Davo. La prudenza
perdendo acquista, come S. Pietro e il Papa fanno, e quanto è più
conosciuta, è più amata dai suoi. L’astuzia acquistando perde, e quanto
più è nota, più è odiata, come fu quella di Cesare Borgia, scolaro
dell’empio Macchiavello, che perdé lo stato di Romagna per le sue
astuzie, e quella di Tiberio Cesare, Nerone, e altri che cominciaro a
oscurare l’imperio romano da Augusto con tanta prudenza illustrato.
Il prudente mira al costume del paese, l’astuto al proprio solamente.

La prudenza nell’acquistare è forte con declinare ad audacia,
come fu il Colombo, Alessandro, Cesare, Ciro, etc., e liberale, declinando
a prodigalità, e giusta a severità. Imperoché, mentre che
acquista, per beneficiare i suoi dona ogni cosa, acciò lo seguitino, ma
non tanto che non abbino di lui bisogno. Ma avendo acquistato non è

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