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CXX. George Abbot a William Trumbull (Lambeth, 20 marzo 1614).
A. B. Hinds, Historical Manuscripts Commission, Report on the Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead Park Berks, v. iv: Papers of William Trumbull the Elder January 1613-August, 1614, London, His Majesty’s Stationary Office, 1940, pp. 331-333.
Good Mr. Trumbull
I have from you the Manifesta of the Prince of Condé, the book against S.r Edward Hobby, and the Treatise of the D(octo)r. I send you a letter of Mr. Clarke, lately prebend of Gaunt. Send it to Mr. Tempest, and if he returne any thing for Mr. Clarke, of money or money worth, keep it and advertise me. Mr. Clarke remaining with me.
Two years ago, two Italian Carmelites, one Julius Caesar de Vinnes a Neapolitan, and the other Johannes Maria de Franchis of Genua, came to S(i)r Dudley Carleton at Venice, and pretended to desire to embrace the reformed religion. He advertised the king and they came into England, where they have been extraordinarily entertained, so that they wanted nothing. One of them lived for a year with the L. Archbishop of York, and the rest of the time with me, the other whit me all the time, a bountifully provided with everything. In the Italian Church in London, where they often preached, they publickly renounced Popery, and received the Sacrament after our form. But suddenly, inveigled by a Chaplain of an Ambassadour residing here and by the Agents of another Ambassadour, they privily intended flying from the kingdom, had destinated money for their charges into Italy, and sent before to the Nuncio in Paris 100 crownes to pay for a Pardon from the Pope, for their Apostasy to live hereafter as secular Preists. Both are apprehended, and confess that they were always Papists, and that they came from Italy to escape the fury of their Generall, which lay very hard on them.
The scorn they putt upon the king and State made us very desirous to punish them; but while we were consulting of it, Johannes Maria being lodged with a Warder of the Tower, escaped by night from a window, tying his sheetes together and cannot now be found being either in some Ambassadour house or gone over seas, where you may heare of him. Hee is short, with a black beard and a dun complexion, age about 28. The other we have in prison during the King pleasure, with a request to his Ma.ty that he may be hereafter deported to some Island, where he may dig for his living. It is incredible to what profaness those varlets are grown, who seem to have no more religion then a dog. It will make us hereafter not too hastily to give trust to such hypocrites.
So forbearing further to trouble you with my best commendations, I leave you to the Almighty. From Lambith the 10 of March 1613
Your very loving frende G. Cant.
Mio buon Trumbull
Ho ricevuto da te i Manifesti [si riferisce alla Lettre de Monsegneur le Prince à la Reine scritta dal Principe di Condé l’8 febbraio 1614] del Principe di Condé, il libro scritto contro Sir Edward Hoby e il Trattato di un Dottore [si riferisce al trattato di Thomas Preston, pubblicato con lo pseudonimo di Roger Widdrington e intitolato Disputatio teologica de juramento fidelitatis… Paulo Papae Quinto dedicata. In qua potissima omnia argumenta, quae a Bellarmino, J. Gretzero, L. Lessio, M. Becano aliis nonnullis contra Juramentum… facta sunt … examinentur, Abionopoli, ma London, Ex officina Theophili Fabri, E. Allde, 1613]. Ti invio una lettera di Mr. Clarke [i. e. Hugh Clarke], recente prebenda di Gand. Spediscila a Mr. Tempest [i. e. Henry Tempest] e se ricevi qualche risposta per Mr. Clark, a proposito di denaro o di denaro speso bene, conservala e dammene notizia. Mr. Clark ora resta con me.
Due anni or sono, due frati italiani, l’uno chiamato Julius Caesar de Vinnes [nome in codice di Vanini], napoletano, e l’altro Johannes Maria de Franchis [nome in codice di Giovanni Maria Ginocchio], genovese, si presentarono a Dudley Carleton a Venezia e pretesero di essere desiderosi di abbracciare la religione riformata. Egli avvertí il Re ed essi giunsero in Inghilterra, dove furono trattati con ogni riguardo tanto che non mancava loro niente. Uno di essi visse per un anno con l’Arcivescovo di York e il resto del tempo con me, l’altro visse sempre con me, provvisto di ciò che conviene ad una condizione agiata. Nella Chiesa Italiana di Londra, ove spesso hanno predicato, rinunciarono pubblicamente alla religione del Papa; ricevettero i sacramenti secondo il nostro rito. Ma ben presto, adescati dal cappellano [si riferisce a Girolamo Moravo, cappellano di Foscarini] di un ambasciatore, residente qui e da un agente al servizio di un altro Ambasciatore [allude a Sarmiento], pensarono di fuggire riservatamente dal regno e spedirono in Italia il danaro ottenuto dai loro incarichi, e prima inviarono al Nunzio di Parigi [Roberto Ubaldini] 100 corone per pagare il perdono del Papa per la loro apostasia e per vivere in qualità di preti secolari. Furono entrambi arrestati e confessarono di essere stati sempre papisti e di essere venuti dall’Italia per scampare alla furia del Generale che li colpí duramente.
Per la vergogna che hanno fatto ricadere sul Re e sullo Stato, abbiamo desiderato fortemente che fossero puniti; ma mentre eravamo sul punto di prendere una decisione, Giovanni Maria Ginocchio, alloggiato presso un guardiano della Torre, si diede alla fuga durante la notte, calandosi da una finestra con le lenzuola intrecciate. Non ho potuto avere sue notizie, poiché ha trovato rifugio o in casa di qualche ambasciatore o sul mare lí [cioè a Bruxelles] dove puoi sapere qualcosa di lui. Egli è basso di statura, con barba nera, carnagione bruno-grigiastra ed età di 28 anni [se ne deduce che Ginocchio nacque nel 1586]. L’altro è tenuto in prigione finché lo vorrà il Re; ed a Sua Maestà è stata presentata la richiesta di deportarlo in qualche isola, dove può vivere lavorando. È incredibile il grado di irriverenza cui sono giunti questi furfanti che non sembrano avere piú religione di un cane. Tutto ciò ci impedirà da ora in avanti di avere troppa fiducia verso tali ipocriti. Cosí, non volendo importunarti ulteriormente, ti affido con i miei buoni auspici all’Onnipotente. Tuo amico sincero G. Cant. Lambeth, 10 marzo 1613.
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