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CCXIV. Censura del De admirandis da parte di Sebastiano De Paolis (luglio 1619)
ASUR, Index, Protocolli CC, Registrum Magistri Segretarii Magdaleni, ff. 557r-v e 578r.
Documento non datato, ma risalente al luglio 1619, come si evince dal decreto della Congregazione dell’Indice del 19 luglio 1619.
Censura eius libri, qui Julius Caesar Vaninus inscribitur. Liber hic agit de admirandis naturae Reginae, Deaeque mortalium arcanis fuit impressus Lutetiae anno Domini 1616. Auctor appellatur Julius Caesar Vaninus, qui non videtur hereticus cum nihil asserat contra fidem, et omnia a se scripta (ut patet ex verbis positis in fine huius libri) Romano Pontifici corrigenda subijciat. Multa tamen scripsit, quae si omisisset, maturiores et utiliores fructus edidisset.
P.a 12 et 13 et alibi appellat Coelum divinum Animal, quod asseri non potest cum animatum non sit.
P.a 91 agens de fluviorum generatione incipit a sententia Salomonis, quod habeant originem a mari, contra quem affert sententiam Athei loquentis sic: Quemadmodum Atheum hesterna die sum allocutus ad convertendum eum, ut dici solet ad Rusticanos Apuliae incolas qui demirabatur quomodo Salomon sapientissimus dijudicetur, cum eius omnes Commentarij nec ratiunculae umbram prae se ferant, sed Populares dumtaxat sententiolas, et cupidineos versiculos omni dicendi lepore destitutos, quae cum necessaria non sint, et parum bene de sententia et sapientia Salomonis loquantur, sunt omnino delenda.
P.a 93 habet sic: Aliter opinionem Salomonis ab errore vindicare non possum. Hoc etiam male sonat, videtur enim concedere Salomonem errasse circa fluviorum generationem.
P.a 119 affert aliquid de Veneris usu in Juvenibus sic etiam p.a 159, 255, 298, 351, 434, 493, 475, 474, 486 obscene loquitur et a p.a 311 usque ad 331 agit de titillatione et tactu sed non modeste quae quia causam peccandi praebere possunt ideo sunt expungenda una cum Dialogo 39 qui est de procreatione Masculi et foeminae propter eandem causam.
P.a 192 dicit quod homo non generat hominem quia a Deo Anima infunditur, quod est omnino falsum secundum communem opinionem.
P.a 339 dicit homines impelli ad vitia a semine, a coeuntium imaginatione, ab educatione, a Syderum influxu, aeris intemperie, et a cibis, quae omnia explicat usque ad p.am 349 hoc autem hominis libertati repugnat. Inter alia p.a 348 hoc unum dicit ex alimentis malitiam et probitatem provenire, unde infert, ideo Nautas, Muliones, Aurigas, Baiulos, Vectores ubique pessimos esse, quia crassiori utuntur cibo.
A p.a 352 usque ad 362 affert loca scripturae quae ex sententia Athei male declarat, cuius explicationem licet ipse reijciat, quia tamen non videntur esse ad rem, et utilia, ideo tollenda sunt.
Dialogo 52 locutiones et responsa oraculorum attribuit potius Intelligentijs divinis, quam Daemonibus quod est contra communem opinionem.
Pa. 387 Varietatem Religionum, et sectarum refert in Coelos ut in causam, et ita coelestia corpora pro mortalium beneficio Religiones aedificare. Quaproter infert cum Coelorum influxus cessabit, lex labefactari incipiet donec ad nihilum redigatur, et sic totum Dialogum de Oraculis tollerem. Nam ibi etiam dicit ex Cardano Religiones esse opus stellarum ut p.a 386, et inferius subdit a corporibus coelestibus, quibus ex Dei mandato intelligentiae praesunt, Leges originem ducere, incrementum et interitum. Quae licet non ex persona propria referat, quia tamen non sunt utilia, et male sonant ideo delerem.
P.a 390 dicit quod fantasia Coelo subijcitur, et immutantur, et insurgunt novae Religiones cum potentissimae apparent Planetarum coniunctiones, hoc autem est omnino falsum.
Illud etiam non placet quod affert a p.a 450 de Sancti Viti curatione a morsu canis. Talem enim curationem fabellam primum putat esse. Deinde in maris virtutem refert, et non in Sancti Viti intercessionem. Omitto brevitatis causa loca Macchiavelli et Cardani, quos et laudat. Unde existimarem quod si liber hic purgari commode possit divulgaretur, sin minus suspenderetur.
Ego Sebastianus de Paulis.
Censura del libro scritto da Giulio Cesare Vanini De admirandis naturae reginae, deaeque mortalium arcanis stampato a Parigi nel 1616. L’autore, che si chiama Giulio Cesare Vanini, non sembra essere eretico poiché non asserisce nulla contro la fede e sottopone (come risulta dalle parole poste alla conclusione del testo) tutte le cose da lui scritte alla revisione del romano pontefice. Tuttavia egli ha scritto molte cose che, se avesse omesso, avrebbe prodotto frutti più maturi e più utili.
A pp. 12 e 13 e altrove definisce il cielo divino animale; cosa che non può essere sostenuta, non essendo il cielo animato.
A p. 91 trattando della generazione dei fiumi prende l’avvio dalla sentenza di Salomene secondo cui essi hanno origine dal mare e contro di lui adduce la sentenza di un ateo e scrive così: «Ieri ho parlato con un ateo (per convertirlo, come suol dirsi tra i contadini delle Puglie), il quale si meravigliava che Salomone fosse giudicato sapientissimo, giacché tutti i suoi Commentarij non presentano neppure l’ombra di una pur debole razionalità, ma solo proverbiucoli popolari e versetti lascivi destituiti di ogni eleganza formale»; cose che non essendo necessarie ed essendo oltretutto poco benevole nei confronti dell’opinione e della sapienza di Salomone, sono interamente da omettere.
A p. 93 dice: «Diversamente non mi è possibile riscattare l’opinione di Salomone dall’accusa di errore». Anche questa affermazione suona male, poiché sembra ammettere che Salomone fosse in errore in materia di generazione dei fiumi.
A p. 119 riporta qualcosa sull’uso della venere nei giovani e altrettanto fa a pp. 159, 255, 298, 351, 434, 493, 475, 474, 486, ove porla in termini osceni e da p. 311 fino a p. 331 tratta del titillamento e del tatto ma non con cautela, per cui le cose che possono offrire occasione di peccato sono da espungere e per la stessa ragione è da espungere tutto il Dial. xxxix, che concerne la procreazione del maschio e della femmina.
A p. 192 afferma che l’uomo non genera l’uomo, perché l’anima è infusa da Dio; ciò che è del tutto falso secondo la comune opinione.
A p. 339 dice che gli uomini sono spinti al vizio dal seme, dalla immaginazione dei genitori uniti nell’amplesso, dalla educazione, dagli influssi siderei, dallo stato dell’aria, e dai cibi e spiega tutto ciò a p. 349; ma è cosa che ripugna alla libertà dell’uomo. Tra l’altro a p. 348 indica come unica causa della cattiveria e della bontà gli alimenti per cui accade che i marinai, i piloti, i cocchieri, i facchini e i carrettieri sono dovunque pessimi, perché consumano cibi troppo grassi.
A p. 352 e fino a p. 362 riporta luoghi della scrittura che, sulla base dell’opinione di atei, recita malamente e, sebbene respinga la loro spiegazione, tuttavia scrive cose che non sembrano essere aderenti alla realtà, né utili e che, perciò, sono da eliminare.
Nel Dial. lii attribuisce ai demoni piuttosto che alle Intelligenze divine le affermazioni e i responsi degli oracoli e ciò è contro l’opinione comune.
A p. 387 riferisce alle influenze celesti, come cause, la varietà delle religioni e delle sette e così ritiene che i corpi celesti diano vita alle religioni per il bene degli uomini. Ne deduce che quando verrà meno l’influsso celeste, la legge [cristiana] comincerà a decadere finché non si estinguerà del tutto; sicché espungerei tutto il Dialolo sugli oracoli. In esso, infatti, dice anche, seguendo Cardano, che le religioni sono opera delle stelle, come fa a p. 386 e più giù aggiunge che le Leggi [i. e. le religioni], alle quali per mandato di Dio sono preposte le Intelligenze, traggono origine, sviluppo e morte dai corpi celesti. Cose che, sebbene dette a titolo personale, sono da espellere per essere inutili e male sonanti.
A p. 390 afferma che la fantasia è soggetta al cielo e che le nuove religioni mutano e sorgono allorché si verificano potentissime congiunzioni di pianeti; cosa che è del tutto falsa.
Non piace neppure ciò che afferma a p. 450 intorno alla cura di S. Vito dal morso del cani. Infatti, dapprima egli reputa tale cura una favola; poi la attribuisce alla potenza del mare e non alla intercessione di S. Vito. Ometto per brevità i luoghi di Macchiavelli e di Cardano da lui elogiati. Per cui stimerei che questo libro sia divulgato, a condizione che possa essere corretto, o altrimenti che sia sospeso.
Sebastiano de Paolis.
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