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LXXIX. Isaac Wake a Dudley Carleton (Londra, 5 decembre 1612).
PRO SP. 99, B. 11, p. ii, f. 125.
Lettera autografa di Isaac Wake, firmata e datata 5 dicembre 1612 stilo novo.
Right honorable and my very singular good Lord
The first of your letters that I delivered since the writing of my last to your L(ordshi)p which bare date the 26 of November was to Sir H. Wotton whom I found on Thursday last at his house or lodging in Westminster where he receaved me with much ceremony a l’Italiana and professed more obligations to your L(ordshi)p then I thinck he will in hast requite. Most of his discourse was of the great blowe this land hath receaved in the princes loss, and of the match of Savoye which he affirmeth to have been fully resolved on, though I heare from others who knowe as much that here was never any such purpose. I find both him and his followers much crestfallen and whither it be for the princes death in whom they thincke to have lost more then others or that other hopes faile them I cannot tell sure I am the king lately shewed him a booke of Gaspar Schoppius newly printed in which to prove that protestants make profession of equivocating as well as Jesuites he hath given instance in Sir H. Wotton definition of Legatus est vir bonus. V. E. at which scandall the king shewed himselfe so much offended that perhaps this dejection that is sensibly seen in Sir H. and his followers may spring from thence [...].
Sir Finet and Sig.re Biondi had theirs the same afternoon which they accepted with many thancks and professed much devotion to your L(ordshi)ps service. Sig.re Biondi is preferred to be the kings man, though in no peculiar place and hath his pension confirmed to him by promise but as yet his patent is not sealed nor any money receaved.
[...] On Satirday I dined with Sir H. Nevile to whom I delivered your L(ordshi)ps letter which was the onely place where all that daye I could speed having lost my labor thrice at Lambith and missed likewise of my L(or)d of Salisbury and my L(or)d Haye who are both at Court with the King. Yet at night I found Sir Mathewe Carewe with whom I dispatcht quickly by reason that he was accompagnied and so reading not your L(ordshi)ps letter in my presence was ignorant of my qualitye; but I will returne to him at better leasure, and make my selfe better knowen both to him and his Lady. On Sunday I went to Mercers chappell in the morning to heare an Italian sermon, and there the preacher Sig.re Ascanio, a Sicilian, tooke notice of me and in name of the whole congregation acknowledged unto me the obligations that they all had unto your L(ordshi)p for the 2 Carmelites, whose good behaviour hath got them much credit and donne your L(ordshi)p as much honor.
After dinner I went with M.r Chamberlaine to Sir Tho. Bodley whom I found sick and languishing without hope of recovery though some chimicall druggs of Sir W. Rawleighs do make the good gentleman flatter himselfe with hope of recovery. There I found Sir John Bennet whom I had sought in vaine at the Commons and his owne house and at the delivery of your letter he brake out into do fase an acknowledgement of his obligation to your L(ordshi)ps for the care you had of his sonne in Italye as that I maye be bold to assure your L(ordshi)p that good turne was well played [...].
I went againe to Lambeth where at length I met with his Grace who held me at dinner and did me more honor then I could be capable of were it not for my dependance on your L(ordshi)p. I observed a great difference betwixt his words and his letter, and can assure your L(ordshi)p that there could not be so much coldness in scriptis as there was warmth in verbis.
After dinner he was called awaye in hast to the Councell (who of late sit often and long), by means whereof he could note saye so much to mee as it seemeth he desires whereuppon he commanded me to repayre to him againe at his better leasure; which I will not fayle to do [...]
London 5 Dec. 1612 st(yl)o novo. Your L(ordshi)ps most obliged creature faithfully to honor and serve you Isaac Wake
Mio On.mo ed Ottimo Signore
La prima delle Sue lettere che ho ricevuto da quando le ho scritto la mia ultima, datata 26 novembre [la data è indicata in stilo novo], era indirizzata a Sir Henry Wotton che mercoledí scorso [Mercoledí 28 novembre 1612] ho trovato nella sua casa o alloggiato in Westminster, ove mi ha accolto con molte cerimonie all’italiana ed ha protestato tanti obblighi nei confronti della S. V. da far supporre che aspiri a qualche lauta ricompensa. La maggior parte del discorso ebbe per oggetto la grande disgrazia, ricevuta da questa terra per la perdita del Principe [Leonardo Donà ], e per l’unione della Savoia che – a suo dire – ha trovato piena soluzione, benché da altri, ben informati, io sappia che qui tale scopo non è stato affatto raggiunto. Io trovo che sia lui che i suoi seguaci siano molto mortificati e non sono sicuro se ciò è dovuto alla morte del Principe, per cui pensano di aver perduto piú di altri, o al fallimento di altre loro speranze. Recentemente ho mostrato al Re un libro di Kaspar Schoppe, appena stampato [Si riferisce ad un’epistola che lo Schoppe pubblicò nel 1613 in polemica con il Wotton. Cfr. C. Scioppii Henrici Wottoni, Regis Magnae Britanniae, ad Venetam Rempublicam olim Legati Epistola, cui propter argumenti similitudinem alia adjecta, Ambergae, Schönfeld; 1613], in cui, per provare che i protestanti fanno uso degli equivoci come i gesuiti, egli adduce come esempio la definizione di Sir Henry Wotton del Legatus est vir bonus V. E. [La sarcastica battuta del Wotton suonava in questi termini: Legatus est vir bonus peregre missus ad mentiendumReipublicae causa], al quale scandalo il re si è mostrato offeso, tanto che forse lo scoraggiamento, che è manifestamente sensibile in Sir Henry e nei suoi seguaci, ha le sue radici in tale vicenda.
Il Sig. Finet e il Sig. Biondi ebbero le loro delusioni lo stesso pomeriggio in cui accettarono con molti ringraziamenti e professarono molta devozione al servizio di Vostra Signoria. Il Sig. Biondi è stato ammesso al servizio del Re, ma non ha un incarico particolare: gli è stata confermata la promessa di una pensione, ma la lettera patente non è ancora stata sigillata, né egli ha ricevuto alcuna somma di danaro.
Sabato [Sabato 1° dicembre 1612] ho cenato con Sir. H. Neville al quale ho consegnato la lettera di V. S., poiché fu quello l’unico posto in cui ho potuto incontrarlo tutto il giorno, avendo sprecato tre volte la mia fatica a Lambeth ed avendo anche perso di vista Lord Salisbury e Lord Haye [James, primo Lord Hay], che erano entrambi alla Corte con il Re. Inoltre in tarda serata mi sono incontrato con Sir Matthew Carew, con il quale mi sono sbrigato rapidamente per il fatto che egli era in compagnia e cosí, non avendo letto in mia presenza la Sua lettera, non si è reso conto della mia qualità; ma ritornerò da lui per farmi conoscere piú a fondo da lui e dalla sua signora.
Domenica mattina [domenica 2 dicembre] mi sono recato nella Cappella dei Merciai per ascoltare un sermone italiano e lí il predicatore, il Sig. Ascanio [Ascanio Baliani], un siciliano, avuta notizia di me, mi ringraziò a nome di tutta la congregazione, dicendosi obbligato nei confronti della S. V. per i due carmelitani, il cui retto comportamento ha dato loro molto credito e alla Signoria Vostra molto onore.
Dopo cena mi sono recato con Mr. Chamberlain da Sir Thomas Bodley che ho trovato molto malato e languente senza speranza di guarigione, benché gli intrugli chimici di Sir W. Rawleigh [Walter Raleigh] facciano sí che il buon gentiluomo si illuda nella speranza di guarire. Lí ho trovato Sir John Bennett [i. e. giudice della Corte Prerogativa a Canterbury], che avevo cercato invano ai Comuni e nella sua stessa casa e, ricevendo la Sua lettera, mostrò chiaramente di riconoscersi molto obbligato verso la S. V. per le attenzioni che ha avuto per suo figlio in Italia e perciò posso arditamente assicurarla che una buona volta egli ha saputo recitare bene la sua parte.
Quindi sono tornato nuovamente a Lambeth, ove Sua Grazia mi ha intrattenuto a cena riservandomi un trattamento d’onore piú di quanto io ne fossi meritevole, se non fosse stato per la mia dipendenza dalla S. V. Ho notato che c’è una grande differenza tra la sue parole e le sue lettere e posso assicurarle che non potrebbe esserci tanta freddezza in scriptis quanto calore c’è in verbis. Dopo cena egli fu convocato d’urgenza in Consiglio (le cui sedute di recente sono diventate frequenti e lunghe), ragion per cui non poté parlarmi a lungo e mi sembrò che volesse per questo chiedermi di ritornare da lui con piú comodo; cosa che non voglio mancare di fare. Obbligatissimo a Vostra Signoria, per onorarla e servirla Isaac Wake. Londra 5 dicembre 1612 st. novo.
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