Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 36
V
Della seconda causa che è la prudenza
Se tutte le cose dalla prudenza umana, la quale è causa connessa al
fato, che d’infinite concause insieme accorda, seu consta, agenti in
virtù della prima, sono trattate, molto più l’Imperio ha bisogno di
questa virtù, la quale il mondo tutto regge, e fu seminata da Dio sopra
ogni cosa, <poiché la natura è arte divina intrinseca, sì come l’arte
nostra è natura estrinseca delle cose>, e chi per natura si guida, non
manca di prudenza, come si vede nelle piante, formiche, api, grue e
pesci, onde gli uomini spesso imparano il governo del regno loro.
E’ da sapere però che la prudenzaè diversa dall’astuzia, che alcuni
chiamano ragion di stato: primo, la prudenza accorda con la causa
prima, che è Dio, e però attende alle profezie e scienze divine per
sapere il futuro; ma l’astuzia mira al gusto solo e al proprio cervello,
e lo chiama sapienza, come disse Faraone: Sapienter opprimamus eos.
La prudenzaè magnanima e guarda alle cose per verità grandi;
l’astuziaè pusillanime e <per voler apparire magnanima> declina a
superbia, e senza scala di virtù aspira a grandezza e mira alle minutezze
di niente.
La prudenzaè clemente e veridica, l’astuziaè crudele e adulatoria.
Onde dice l’astuto che i grandi savii e forti si devono uccidere, perché
non possano toglierci il regno: Quidquid