Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 162
di sue colpe, dicendo che non morì da cavaliero, quasi che il cavaliero statista
conoscer debba che non c’è altra vita, e che queste indulgenze e promesse
son parto delli plebei, ed io, avendo detto certi argomenti di Galeno contra
l’immortalità dell’anima ad un medico adultero, quando poi voleva dar le
risposte, mi diceva: Lasciami godere, perché se Galeno accertò, io così sto
bene, e come li Macomettani, perché vivono con quella setta, non vogliono
udir argomenti in contrario, ma in pro, così e ogni peccatore che vive con tal
politica non gusta d’argomenti contrari, anzi li pareno insulsi e ignoranteschi,
e la Sacra Scrittura ce l’avvisò: «Non recipit stultus verba prudentium, nisi ea
dixeris quae versantur in corde suo».
L’arte macchiavellistica de cortegiani miscredenti e credenti alla religione e
lor deterioramento continuo, e quanto danno portano a prencipi e a
vassalli, e come disconoscono il proprio sangue, gl’amici e
gli benefattori, e la fine di quelli che non arrivano al
disegno loro, e di quei ch’arrivano, e come
si passan con li inferiori ineguali,
poi che giungono alla
sperata dignità
Cap. VIII
Nelle corti poi gl’omini mal boni sovente diventano ben pessimi, etiam li credenti,
perché vedendo con questa politica andarsi avanti chi mira solo al proprio
interesse puerilmente, senza mirare al male che viene alla communità, e
per conseguenza a lui e a posteri, già che «malum se ipsum perdit», si sforzano
di non essere inferiori all’altri cortegiani.
La profession propria de cortegiani e baroni e prelati esaltati o esaltandi
con mal arti è andar a caccia della volontà del prencipe (come già sfacciatamente
lo professa con darne precetti nella setta de politici oltramontani, che
non sanno capirli come l’Italiani e Spagnoli astuti), e laudar ogni azione del
suo signore, o bona o mala, e darli del Domine Dio, e farlo sopra ogni legge e