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CIX. Declaratio Julii Caesaris Itali (15 febbraio 1614).
AAW. Series A, v. xii, n. 22, ff. 45-48. Declaratio Julii Caesaris Itali de causa ipsius adventus in Anglia. xxiiii Januarii 1613.
Dichiarazione autografa di Giulio Cesare Vanini, resa ad Abbot il 3 febbraio e confermata il 15 febbraio davanti alla High Commission. In calce l’annotazione Fatetur totam hanc declarationem esse sua manu scriptam. Febru(arii) 5 1613 è di mano dell’Abbot ed è seguita dalle firme autografe dei cinque vescovi che componevano la High Commission. La firma di Vanini, autentica, è estesa per il nome ed è abbozzata in appena una ‘V’ per il cognome; sicché si legge Julius Caesar V.
Ego Julius Caesar cum maximas persecutiones, et iniustissimas accepissem a Generali meae Religionis, desiderabam in aliquem tutum locum me recipere, donec ille Generalatum absolveret, et cum legissem Apologiam Serenissimi Regis Magnae Britanniae, ubi testatur nullos pontificios sacerdotes in suo Regno non puniri ut sacerdotes, sed quatenus proditores sunt. Et cum insuper audiverim hic manere aliquos Graecos sacerdotes, et humaniter pertractari, decrevi in Anglia me conferre ubi cum pervenerim et humanissime a Serenissimo Rege receptus fui, et pro ch(ristiana) charitate me commedavit Illlustris(simo) D. D(omi)no Archiepiscopo Cantuariensi, qui humanissimus Praesul tot tantaeque humanitatis et benevolentiae officia mihi praestitit, ut ego ex conscientia cogar eius humanitatem toto orbi manifestare et Deum Opt(imum) Max(imum) semper pro sua felicitate precari. Fui in Anglia per 20 menses, unquam pontificiam religionem docui, nec Anglicanam ecclesiam aliquo modo laesi, sed admiratus sum honestissimos mores omnium Anglorum, et praecipue servatoris Ill.mi D. Archie(pisco)pi. Nunc animum non habeo revertendi in Italiam, nisi petita venia a Sereniss(im)o Rege, et a D. Archie(pisco)po. Ego corde semper fui, sum et ero cum gr(ati)a Dei, catholicae ecclesiae filius, non tamen animo talem religionem hic promulgari, cum non sim ad tale munus deputatus, sed ut privatus vixi, et vivo, tantum curando quae mea sunt.
Insuper rogo Ill.um Archie(pisco)pum ut dignetur benedicere omnes elemosinas in me collatas, et in tali bened(ictio)ne mihi veniam concedere discedendi. Et in signum quod ego non habeo scripta aliqua, quae vel umbras huius Anglicanae ecclesiae laedere possint, deprecor ut det in mandatis, ut ego nudus, ut ita dicam, usque ad Caletum ducar. Sic enim constabit me nec minimam cartulam asportare.
Ita ego Julius Caesar V(anini).
Haec scripsi in praesentia D(omi)ni Doctoris Riccardi Mochetti, D(omi)ni Gulielmi Baccheri et Do(min)i Ascanij Baliani.
Fatetur totam hanc declarationem esse sua manu scriptam. Febru(arii) 5 1613.
G. Cant.; Jo. Londini; L. Elii; Ja Bath et Wells; R. Cov(entry) (et) Lich(field).
Io, Giulio Cesare, avendo subito grandissime ed ingiustissime persecuzioni da parte del Generale della mia religione [i. e. Enrico Silvio], desideravo rifugiarmi in qualche luogo sicuro, finché egli assolvesse al suo generalato e, avendo letto l’Apologia [Trattasi del Triplici nodo triplex cuneus, or an Apologie for the Oath of Allegiance, edito a Londra nel 1607] del Serenissimo Re della Gran Bretagna, ove si attesta che nel suo Regno i sacerdoti cattolici non sono puniti in quanto sacerdoti, ma in quanto traditori, ed avendo altresí udito che qui risiedono alcuni sacerdoti ortodossi e che sono trattati umanamente, decisi di recarmi in Inghilterra, ove, allorché giunsi, fui ricevuto con molta umanità dal Serenissimo Re, il quale per carità cristiana mi affidò all’Illustrissimo Signor Arcivescovo di Canterbury, che, Presule umanissimo, mi offrí tanti uffici di cosí grande generosità e benevolenza, che io sono in coscienza costretto a dichiarare a tutto il mondo la sua umanità e a pregare sempre Dio Ottimo Massimo per la sua felicità. Sono stato in Inghilterra per 20 mesi, non ho mai insegnato la religione cattolica, né ho danneggiato in alcun modo la Chiesa anglicana, ma ho ammirato i costumi onestissimi di tutti gli Inglesi e soprattutto quelli del servitore illustrissimo Arcivescovo. Ora non ho intenzione di rientrare in Italia se non con il perdono del Serenissimo Re e del Signor Arcivescovo. In grazia di Dio, sono sempre stato, sono e sarò sempre nel mio cuore figlio della chiesa cattolica, ma non con l’intento di diffondere tale religione, non essendo deputato a tale compito, ma sono vissuto e vivo come privato, avendo cura solo delle cose che mi appartengono.
Inoltre chiedo all’Illustrissimo Arcivescovo di degnarsi di benedire tutte le elemosine elargite a mio favore e di concedermi con tale benedizione il permesso di partire. E a dimostrazione che non ho alcuno scritto, che possa offendere o oscurare questa chiesa anglicana, chiedo che si impartiscano disposizioni affinché io sia condotto – per cosí dire – nudo fino a Calais. Cosí risulterà chiaro che non porto con me alcuno scritto. Cosí io Giulio Cesare V.
Ho scritto ciò in presenza del Sig. Dottor Richard Mocket, del Signor William Baker e del Signor Ascanio Baliani.
Si attesta che questa dichiarazione è stata scritta di suo pugno. 5 febbraio 1613. George [i. e. Abbot] di Canterbury, John [King] di Londra, Lancelot [Andrewes] di Ely, James [Montegu]di Bath e Wells, Richard [Neile] di Lichfield e Coventry.
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