Documenti
CXIV. Dudley Carleton a George Abbot (Venezia, 28 febbraio 1614 ).
PRO SP. 99, B. 15, ff. 97r-99r.
Lettera autografa di Carleton, siglata D C e non datata. La data 18/28 febbraio, indicata dai repertori archivistici del Public Record Office, si riferisce rispettivamente ai calendari giuliano (18 febbraio) e gregoriano (28 febbraio) ed è desunta da una annotazione, forse di mano del Wake, aggiunta sul margine laterale sinistro del foglio 97v.
Right honorable my most singular goode L(or)d
The affairs of these parts minister small occasion of writing often to your Grace, but my dutiful respect will not suffer me long to be silent [...].
Your L(ordshi)p will have heard how the colledge of English Jesuits at Rome entertained all spectators with a ridiculous tragedie of theyr owne countrie which they represented three times at the end of the carneval and concluded the same with disputations and invectives uppon the old theme of persequution wherein they doe exceedingly tempt his Ma.ties clemency to turne fictus in veras tragedias which they worthely defence.
Here is a Capuchin preacher in the chiefe church of this towne who hath delivered lately to his audience a strange miracle of the death of owr late Queene of happie memorie as yf she had ben taken owt of this world by the Lady of Loretto at the prayers and offrings of two or three English papists wherein in the course of his eloquence to shew the power of owr Lady he lett fall this speech che la nostra donna haveria ammazata la Regina Elizabetta. This tale is so far spread abroad amongst these people who ascribe much to the Capuchins for the strictness of theyr order that I have ben forced to call him to his answeare before the State for making owr Lady an assasin of princes.
I am sorrie to heare of the levity of those two Carmelitans who used my meanes to recommend theyr sute to his Ma.ty; which two onely I made choise of owt of more then twentie others both friars and priests who have made the same instance unto me as men that made no other apparence than to be moved onely by conscience withowt any worldly respects. And with that mind doe I still pesuade my self they parted from hence and so long continued as the elder of them testified by his letters to me aknowledging much obligation for your L(ordshi)ps both gratious and bowntifull dealing with them, and some to him that was the meanes of theyr happie condition, howsoever they have ben (as is likely) won by some others to returne ad vomitum for which I desire they may beare theyr owne burden, and yf they returne into these parts what good words and promises soever have bin given them I make no dowbt but that course will be taken with them which they deserve where they are, and that is to be sent where the world will have no more news of them. This shall not hinder me to lett your L(ordshi)p know that here is at this present the ArchB(ishop) of Spalatro who continues in his wonted course of writing, and resolution to shew (when he can have other meanes to support himself) as well in effect as discourse his departure from the sea of Rome. The bookes I receaved by your L(ordshi)ps order concerning the calling of a course have ben much enquired after, but most by strangers who I soon found owt to be supposted by the Nontio whereby to gett the copies and supress them in which respect I have as yet for born the dispensing of the greatest part of them.
God direct all to his glory and keepe your L(ordshi)p in his blessed protection. From Venice Your L(ordshi)p most devoted to your service D. C.
Mio On.mo ed Ottimo Signore
Le vicende che accadono in queste parti offrono scarsa materia per scrivere piú frequentemente a Vostra Grazia, ma il mio doveroso rispetto non tollera che resti a lungo in silenzio. La S. V. vorrà sapere come il collegio dei Gesuiti inglesi a Roma abbia intrattenuto gli spettatori con una tragedia che essi rappresentano tre volte alla fine del carnevale, mettendo alla berlina la loro terra. Ad essa fanno seguire delle dispute sul vecchio tema della persecuzione con il quale mettono a dura prova la clemenza di Sua Maestà, facendola passare come fictus in veras tragedias, che essi difendono fortemente. Qui c’è un predicatore cappuccino che in una chiesa importante di questa città ha ultimamente narrato al suo uditorio uno strano miracolo sulla morte della nostra ultima Regina [Elisabetta I Tudor] di felice memoria, come se fosse stata sottratta a questo mondo dalla Madonna di Loreto su richieste e preghiere di due o tre cattolici inglesi. Nel corso della sua eloquenza, per evidenziare i poteri di Nostra Signora, si lasciò sfuggire questa espressione: che la nostra donna haveria ammazata la Regina Elisabetta. Questo racconto è circolato rapidamente tra la gente, la quale lo ascrive piuttosto alla pignoleria dell’ordine dei cappuccini, tanto che io sono stato costretto a convocarlo affinché rispondesse allo Stato per aver fatto di nostra Signora un’assassina di principi.
Sono spiacente di apprendere della leggerezza dei due carmelitani che si sono serviti di me per caldeggiare la loro supplica al Re; io scelsi solo loro due tra piú di venti altri frati e preti che mi avevano fatto la medesima richiesta, perché mi erano sembrati uomini non mossi da altro se non da una crisi di coscienza in totale assenza di motivazioni mondane. E con quella intenzione – sono ancora convinto – essi partirono da qui e la conservarono a lungo, come mi attestò il piú anziano di loro con una lettera di ringraziamento [vedi lettera di Vanini del 9 ottobre 1612] in cui si mostrava molto obbligato verso Sua Grazia, per il generoso ed umano trattamento riservato loro, e verso di me, per essere stato io lo strumento della loro felice condizione. Non so spiegarmi come possano essere stati convinti da altri (come credo) a ritornare ad vomitum, perciò desidero che sopportino tutto il peso delle conseguenze e se ritornano in quelle parti, attratti da belle parole e promesse, non ho dubbi che, ovunque si troveranno, si compirà il loro destino, che è quello di essere spediti dove il mondo non avrà piú notizie di loro. Ciò non mi impedisce di informarla che qui al momento l’arcivescovo di Spalato prosegue nell’intento di scrivere e di mostrare (qualora potesse avere mezzi di supporto) che il suo discorso lo induce a partire dalla sede di Roma. I libri che ho ricevuto per ordine di V. S. a proposito della scelta vocazionale sono stati assai ben ricercati in seguito, soprattutto da stranieri che – come ho ben presto intuito – sono stati incaricati dal Nunzio [i. e. Berlinghiero Gessi] di accumularne le copie e di sopprimerle. Perciò io ne ho acquistato il maggior numero di esemplari per inviarglieli [I libri per i quali erano state predisposte le misure cautelative tendenti ad impedirne la diffusione dall’Inghilterra in Italia erano la Supplicatio ad Imperatorem attribuita a De Dominis, il De juramento fidelitatis di Thomas Preston e il De ecclesia et civili potestate di Matthew Kellison]. Dio ordini ogni cosa per la sua gloria ed io affido la S. V. alla sua santa protezione. D. C. Da Venezia, devoto servo di Vostra Signoria.
Precedente Successivo