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CXC. Annali manoscritti dell’hotel de ville di Tolosa (Registrata sotto l’anno 1618, ma redatta nel 1619).
AMT, Cronique 290. Annales de la ville de Toulouse, v. vi, BB 278, ff. 13-14.
L’autore della Chonique è Nicolas de Saint-Pierre, Capitoul, Chef du Concistoire, Advocat en Parlement, al quale competeva istituzionalmente l’onere di redigere l’Annale del 1618.
Athée et Blasphemateur du nom de Dieu
La punition de ce Blaspheme fut suivye d’un Cas bien plus estrange, qui ouvrit la porte a une plus severe punition d’un Blaspheme plus execrable, Car le jeudi, second jour du mois d’aoust, sur l’advis qui fut donné auxditz Sieurs Capitouls, fut prins dans la maison des heritiers de feu Nouallhes au Capitoulat de La daurade, et Constitué prisonnier par les Sieurs d’Olivet et Virasel Capitoulz et conduit a la Maison de Ville un Jeune homme soy disant Aagé de trente quatre ans, Natif de Naples en Italie, se faisant nommér Pomponio Usciglio, deferé d’enseigner l’atheisme, duquel ils estoient en queste il y avoit plus d’un mois. On disoit quil estoit venu en France a desseing de tenir ceste abominable doctrine. Cestoit un homme dassez bonne façon, un peu Maigre, le poil chastain, lenéz long et courbé, les yeux brillans et aucunement Agars, grand de taille: Quand a l’esprit il vouloit paroistre sçavant en la Philosophie et Medecine qui estoit l’office quil se disoit professer: Il faisoit le Theologien, mais meschant et detestable s’il en fut oncques. Il parloit bien latin et avec grande facilité. Neantmoingz vréement ignorant parmy les doctes en toutes lesdites sciences. Et comme la parole descouvre le Cœur pour sy fort qu’on le veuille cacher, il arriva qu’estant souvente fois entré en dispute avec aucuns des plus grandz Theologiens de ceste ville, il fut descouvert pour tel quil estoit. Et quoy que par ses paroles il taschat a deguiser son desseing, sy est ce que, maugré luy, ceste petite Artere qui va du Cœur en la langue evapouroit ses plus secretes pensées, et luy portoit du Cœur en la bouche et de sa bouche aux oreilles des gens de bien, de paroles pleines de blasphemes contre la divinité: Ce qui fut cause que, quoy que lors qu’il fut faict prisonnier, on ne l’eust trouvé saisy que d’une Bible non defendue, et de plusiers siens escriptz qui ne marquoient que de Questions de Philosophie et Theologie, sy est ce toutesfois que le Parlement adverty et tres-asseuré de ses secretes intentions et maximes damnables, qu’il avoit tenues en particulier tres-pernicieuces pour les bonnes mœurs et pour la foy. Le fit remetre le cinquiesme dudit moys d’Aoust des prisons de la maison de ville a la conciergerie du Palais, ou il fut detenu jusques a ce qu’on eust trouvé preuve suffisante pour le convaincre et luy parfaire son procés comme on fit: Car le samedy neufviesme du mois de fevreir en suivant la Grand Chambre e la Tournelle assemblées fut donne Arrest au rapport de Monsieur de Catel conselier audit Parlement par lequel il fut condamné a estre trayné sur une claye droit a l’esglise Sainct Estienne, ou il seroit despouillé en chemises tenant ung flambeau ardant en main, la hart au col et tout a genoulx devant la grand porte de la dite esglise, demanderoit Pardon a Dieu, au Roy, a la Justice, et de la en hour faisant le cours accoustumé seroit conduit a la place du Salin ou assis sur ung pouteau la langue luy seroit coupeée, puis seroit estranglé son corps brulé et reduit en cendre ce qui fut executé le mesme jour. Il faisoit semblant de mourir fort constamment en philosophe comme il se disoit, et en homme qui n’aprehendoit rien apres la mort d’autant qu’il croyoit point L’immortalité de l’Ame. Le bon pere religieux qui L’acistoit estimoit en luy monstrant le Crucifis et luy representant les Sacrés misteres de L’Incarnation et Passion amere de Nostre Seigneur l’esmouvoir a ce quil se recogn’eust: Mais ce tigre aveuglé et opiniastré en ses faulsses maximes, mesprisoit tout et ne le voulut jamais regardér, ains accouroit a ceste mort ainsy qu’a sa derniere fin, simaginant que se debvoit estre le remede de tous ses maux apres Laquelle il nauroit plus rien a craindre ny a souffrir. Il mourut doncques en Athèe; aussy portoit il ung Cartel sur ses Espauls, ou ces motz estoient escriptz: Athée et blapshemateur du nom de Dieu. Ce monstre par sa m auvaise fin attira sur soy l’execration et Malediction de tout le Peuple, ne pouvant soufferir ce p rodige en une saison ou nostre religion Catholique, Apostolique, Romaine est en sa fleur et plus grande vigueur.
Ateo e bestemmiatore del nome di Dio
La punizione di questa bestemmia fu seguita da un caso ben piú strano, che aprí la porta alla piú severa punizione di un bestemmiatore assai piú esecrabile. Perché giovedí, 2 agosto, sull’avviso che fu dato ai detti Signori Capitouls, fu arrestato nella casa degli eredi dei Noailles, nel Capitoulat della Daurade, e fu ridotto in prigione dai Signori d’Olivier [Jean d’Olivier] et Virasel [Paul Virazel], Capitouls, e condotto nella Maison de Ville, un giovane uomo che si dichiarava di anni trentaquattro, nativo di Napoli, che si faceva chiamare Pomponio Usciglio, accusato d’insegnare l’ateismo, dagli stessi ricercato da piú di un mese. Si diceva che egli era venuto in Francia con il proposito di diffondere tale abominevole dottrina. Era un uomo di assai bell’aspetto, un po’ magro, capelli castani, naso lungo e curvo, gli occhi brillanti e alquanto vivaci, alto di statura. Quanto al suo spirito, egli voleva mostrarsi sapiente in filosofia e medicina, che affermava di professare. Si dichiarava teologo, ma il piú fiacco e detestabile che ci fu mai. Parlava bene e con grande facilità il latino. Tuttavia, tra i dotti, era veramente ignorante in tutte le suddette scienze. E come la parola scopre il cuore, per quanto fortemente lo si voglia tenere nascosto, accade che, essendo sovente entrato in disputa con alcuni dei piú grandi teologi di questa città, fu scoperto per quello che era. E, benché con le sue parole cercasse di nascondere i suoi propositi, la piccola arteria che va dal cuore alla lingua svelava suo malgrado i suoi piú segreti pensieri e portava dal cuore alla bocca e dalla sua bocca alle orecchie delle persone perbene parole piene di bestemmie contro la divinità. Ciò fu la causa per cui, sebbene al momento dell’arresto non fosse trovato in possesso se non di una bibbia non vietata e di parecchi suoi scritti che non toccavano se non questioni di filosofia e di teologia; il Parlamento, informato e assicurato intorno alle sue piú segrete intenzioni e alle sue affermazioni condannabili, ritenute particolarmente perniciose per i buoni costumi e per la fede, il 5 agosto lo fece trasferire dalla prigione della maison de ville alla conciergerie del Palazzo, ove fu detenuto fino a che non furono trovate prove sufficienti per fargli il processo che gli fu fatto. Poiché sabato, 9 febbraio 1619, la Grand Chambre e la Tournelle, in seduta plenaria, pronunciarono la sentenza su rapporto del Signor De Catel, consigliere del detto Parlamento, per la quale fu condannato ad essere condotto su un carro alla chiesa di Santo Stefano, ove sarebbe stato denudato, in camicia, tenendo una torcia ardente nelle mani, una corda al collo e in ginocchio davanti alla grande porta di detta chiesa, avrebbe domandato perdono a Dio, al Re e alla Giustizia e di là in avanti, seguendo il corso abituale, sarebbe stato condotto nella place du Salin, ove, seduto su un grande ceppo gli sarebbe stata tagliata la lingua, poi sarebbe stato strangolato e il suo corpo sarebbe stato bruciato e ridotto in cenere. Sentenza che fu eseguita lo stesso giorno. Egli si dava l’aria di morire, come asseriva, con molta costanza nella filosofia e come uomo che non temeva niente dopo la morte, in quanto non credeva nella immortalità dell’anima. Il buon religioso che lo assisteva credeva, mostrandogli il crocifisso e ricordandogli i sacri misteri dell’incarnazione e dell’amara passione di Nostro Signore, di indurlo a riconoscersi colpevole. Ma quella tigre accecata e ostinata nelle sue false massime sprezzava tutto e non volle neppure guardarlo, sicché andò incontro alla morte come al suo termine ultimo, immaginando che tale doveva essere il rimedio a tutti i suoi mali, e che, dopo quella, egli non avrebbe avuto altro da temere e da patire. Morí dunque come ateo, cosí portava sulle sue spalle un cartello, su cui erano scritte queste parole: «Ateo e bestemmiatore del nome di Dio». Questo mostro per la sua fine olt raggiosa attirò su di sé l’esecrazione e la maled izione di tutto il popolo, il quale non poté tollerare un tale mostro in una regione in cui la nostra religione cattolica, apostolica e romana è in grande fioritura ed ha il piú grande vigore.
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