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XXXVIII. Sonetto di Giovanni Maria Ginocchio
Venite, Endecasillabi, venite,
Dolci Anapesti, e gravi Ditirambi,
Ionici collegati, e sciolti Jambi,
E con li soli Esametri vi unite.
Sian le meste Elegie spente, e sbandite;
L’Epitaffio in Emblema hor si riscambi:
E questo in alto Epodo essulti, et ambi
Movan tra se d’honor contesa, e lite.
Ma le Muse concordi in ogni riva
Faccino risonar tutta Helicona
Giorgio Centurione sia Duce, e viva.
Viva; e la Parca, che a nissun perdona,
A la vita di lui la vita ascriva,
Ch’il Doria gli lasciò con la corona.
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