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LXXXV. Giovan Francesco Biondi a Dudley Carleton (Londra 17 marzo 1613).
PRO SP. 14/72, ff. 149r-150r.
Lettera cifrata, autografa di Giovan Francesco Biondi, siglata G. F. B., datata probabilmente in stilo novo, Di Londra li 17 marzo 1613. Le cifre sono sciolte da mano sincrona.
Illustrissimo et Ecc.mo Sig.re
S’io potessi con parole esprimere i molt’oblighi che ho a V. E. il farei si copiosamente, quanto mi sono copiose le sue grazie e favori; ma poiché non si può, tacerò in tutto, supplendo la sola confessione a tutte l’altre imperfezioni. La grazia fatta al sig(igno)r Muscorno ed a me con uffizio cosí pieno e cosí cortese, ha obligato ambidue, ed ambidue gli ne baciamo umilmente le mani e se ben egli non può far quello, che confessa essere suo debito part(icolar)e scrivendole (il che umilmente supplica l’Ecc. V.ra a condonarli) tuttavia m’incarica per Lui di rendimenti di grazie cosí affettuosi, e riverenti, che non so esprimerli in altra maniera se non con supplicarla d’averli per conformi al debito di Lui, o almeno, al desiderio che ha di vivamente servirla. In che anco, confessa, non poter essere tale che sij conforme a i meriti dell’Ecc. V. poiché dall’esposizioni che la S.ria manda qui al Sig.r Amb.re ne’ negozi trattati dall’Ecc. V.ra, amonirà una prudenza singolare, una destrezza insolita ed una dolcezza tanto grata, che giura essere impossibil mai (non ostante che questa Real Corte abbia molti soggetti) che vada a Venezia Ministro ne piú degno, ne piú grato di Lei, il che protesta dover dir perpetuamente, non in termini d’obligo, ma in termine di verità, e di conoscienza. Sig.r Ecc.mo a me ciò non è nuovo; ma ben mi rallegro nuovamente con Lei; e prego Dio a ricever Lei quel gusto dagli altri ch’ella agli altri copiosamente comparte, acciò abbia occasione, compiacendosi del luogo, compiacersi del carico per lo servizio di S. M.tà e per benefizio altrui. Del baullo delle mie scritture lo riceverò volontieri quanto piú presto de i libri perché la cortesia di V. E. a comparazione degli affetti che da me ponno uscire non è altro; chè una mera nota della mia discortesia, la supplicherà umilmente a non me li mandare, rendendole intanto quelle vive ed affettuose gratie quali vivamente, ed affettuosamente devo, di nuovo assicurandola, che troppo m’ha obligato. Ne mi potrò chiamar contento se la fortuna non mi darà presta occasione di servirla in alcuna cosa acciò, quanto a me, resti in qualche cognitione l’Ecc(ellenz)a V(ost)ra della mia gratitudine umile, e riverente, e quanto agli altri ogn’un conosca, e le sia riferito, la singolar opinione ch’io ho della sua candidezza, bontà, e valore; che altro mezzo io non trovo per soddisfarmi. Le cause che mossero l’Ecc(ellenz)a V(ost)ra a non dar ordine al S(igno)r Seg(reta)rio di visitare il S(igno)r Amb(asciato)re Foscarini, furono ragionevoli. Mi spiace non le aver sapute prima; tuttavia il saperle ora non sarà fuori di proposito; e l’uffizio fatto in sua lode non può ch’essere lodevole. La supplico 64a 27m 65c «però in» tale materia andar piú 26m 42m 59 21s 5 5 «riservato» perché V(ostra) S(ignoria) costà in simili 37 5c 43 5 «ofizi», non fa piacere ad ogn’uno, oltre ch’egli è al sicuro tenuto qui 64a 7i 63a 44 5 «per pazo» affatto: ma io le dirò piú con quella confidenza che le devo 68p 65n 4 39a «che egli non è» punto buono. Mentre che il S.g Seg(reta)rio è stato qui non ho saputo quello che ora sò, però non l’ho potuto informare in questo proposito, e se avessi anco potuto sono uffizi, che far non si possono senza un poco di nota di 20a 4a 21n 54p «male di io». 59 «S. M.tà» veramente non lo disama, perché gli ha dato a credere d’essere 2m «protestante», ma co i 69 83m 28 10 60c 26m «consiglieri» parlando ha detto ch’egli era un vero 65a 2i 2s 6a 37a «pantalone». S. M.tà non è ancora ritornata. Questi cavallieri, si vanno ogni mattina provando per riuscire con lode, il giorno dell’Incoronazione. Raccomando a V. Ecc.a l’incluse, le quali sono stampe, e per credere che V. Ecc.a non abbia ancora visto l’operetta del S.r Gio. Maria (uno de i duo carmelitani mandati qui) ne mando ancor a lei una. E mi perdoni se il piego è alquanto indiscreto. Quando averò che scrivere all’Ecc.a V. non mancherò.
Scrivo al S(igno)r F [i. e. il Signor Fabrizio, nome con cui Carleton indica Wotton] e li mando nel piego publico per non aggravar tanto l’Ecc.a V. pel mezo del S.r Muscorno, gli Epitalamij di Ossonia [i. e. Epithalamia, sive Iusus Palatini in nuptias… Friderici, comitis Palatini ad Rhenum et Elisabethae, Jacobi.. Britanniae Regis, filiae primogenitae, Oxoniae, J. Barnesius, 1613], sopra uno de quali l’Amb.re di Spagna [i. e. Alonso de Velasco] fa gran romori. Dicono i suoi che saranno bruciati tutti (il che io non credo). V. Ecc.a se li potrà far mostrare a suo piacere. Fra poco averemo qui l’Amb(asciato)re di Savoia [Gabellone] et perche ritorna seco 41c [probabilmente Albert Morton] credo al sicuro sia per trattar il negozio vecchio. Se sarà V. E. lo saprà appieno e le bacio umilm.te le mani. Di Londra li 17 marzo 1613. Di V. Ecc.a Umiliss.mo ed oblig.o Serv(ito)re G. F. B.
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