Tommaso Campanella, Monarchia di Francia, p. 578

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Giovanni XXII e i teologi contrarii a servire al regno di Francia. E
quante volte il Re si mostra più zelante ch’il Papa, vince tutte l’imprese
per le cause note a chi sa, che chiunque ha gli animi de gli
uomini ha l’Imperio, come predisse Saul, quando vidde che onoravan
le virtù di David, più che le sue.
Di più, le scienze che non guastano
ma abbelliscon la republica, come dice S. Gieronimo, deve il re
fomentare, e far ch’il mondo di novo torni ad imparar a Parigi, come
fu a tempo che li Francesi tenean l’Imperio. Et è certo che chi piglia
gli animi, piglia anche i corpi e le fortune.
Laonde li Spagnoli in tutti
studii d’Alemagna e d’Italia, massime dominicani, si forzano intronizare
nelle catedre dottori spagnoli, e così industriosamente, non s’avvedendo
il mondo, che dopo questa guerra literale si vince con la marziale
più sicuramente.

Di più, dar animo a poeti e filosofi e grammatici, e a tutte sorte di
scrittori, e più a predicatori teologi, che parlino, scrivano e predichino
bene di Francia, ch’a lei tocca la monarchia, per le ragioni sopra dette
e dicende altrove, secondo la politica e la profezia divina e rivelazion
di santi e astrologia di scienziati. Imperò che questa opinione è sufficiente
a mutar gli animi, e farla desiderare et esequirla.
Così Augusto
si stabilì nell’Imperio, e Cosmo di Medici si fece stimar pater patriae, e
poi fuit Dominus. Ci vol anche un panegirico come quel che fè il Campanella
per li Spagnoli, provando ch’è più utile alle nazioni sottostare
a Francesi che non a Spagnoli.
Item, predicar che Dio non vuol Spagnoli nel mondo vecchio,
dove non ponno far se non male, ut supra, ma nel Mondo novo, dove
li destinò a far bene, ut supra.

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