Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 148
prudenza mentale, questi la carnale; questi mirano al tutto, quelli alla parte,
cioè a sé soli.
2. Credono i figli della prudenza carnale che la carne precede di virtù e di
piacere allo spirito razionale, e che di quella si deve tener cura, perché lo
spirito more morendo quella, e vive in quella e di quella, e di qua credono
che non ci sia il padre de spiriti Dio, a cui ritorni e sia in cura, o che non
abbia providenza, se pur ci è, né cura di noi, e che non ci sia per noi altra
vita, e che ogn’uno deve godersi il presente secolo e beni visibili, e per quelli
combattere e travagliare, e tutto al possesso di quelli indrizzare per fas et nefas,
come consulta Achitofello e Macchiavello, perché altro bene non ci è per
noi (dicono i raffinati), o saremo stati predestinati a quello o no, e così è
inevitabile la perdita e l’acquisto, dunque «comedamus et bibamus» etc., et
«opprimamus iustum», siamo simulatori di creder bene e di far bene, e con
questa sapienza vincemo tutti, e passamo la vita con gusto: «mundus vult
decipi».
3. I lor fundamenti vani son questi, perché veggono molte cose nella natura
e nell’arte venir a caso, e quasi senza ragione, come li mostri, i vermi, li pedochi,
e poi nel governo umano regnar li sciocchi, travagliar i buoni, e non
esserci giustizia contra malvagi e potenti. Item, si vede che «eadem cunctis
eveniunt» senza discrezione, «pio et impio, sacrificanti et sacrificia contemnenti»,
e di qua «corda filiorum hominum implentur malitia», come nota
Salamone, anzi che altri pensano che non ci sia Dio, come Epicuro, e che la
religione sia nata dal timore che inducono i legislatori per farsi obedire: «Ipse
timor primus fecit in orbe deos».
Altri vedendo che tanta fabrica e maraviglioso lavoro non è senza gran
fattore e abitatori, poiché la fabrica mirabile del nostro corpo addita un’anima
invisibile governante e inabitante, dissero che Dio ci è, ma non ha providenza
delle cose nostre, o perché non puole, come dice Aristotile, perché è
attaccato al primo cielo e opera con necessità, e si avvileria «si inferior respiceret»,
e passibile saria dall’oggetti, e però lascia correre a caso e fortuna le
cose inferiori, ed esso è parte primaria della natura errante, sendo motore o
anima del primo cielo. O perché non sa a tutto sovvenire, intricato in tanti