Archivio dei filosofi del Rinascimento

29 – 1628. Martin Zeiller (1588-1661).

Von dess Doctoris Julii Caesaris Vannini, sonsten Luciolus genandt, erschröcklicher gottloser Lehr, abscheulichen, gottslästerlichen Reden, und von seinem unsinnigen Ende, pp. 956-58, in Theatrum tragicum, dass ist: Newe, wahrhafftige, traurig-kläglich, und wunderliche Geschichten, die, wegen Zauberey, Diebstal uns Rauberey, sonderlich aber unzeitig; und unordentlicher Lieb halber, sich vor wenig Jahren mehrer theils in Franckreich zugetragen haben, und Anfangs von Herrn Francisco von Rosset, in Frantzösischer Sprach, weitläuffig beschrieben; hernach aber in die Teutsche kürtzlich... tranferirt, und in dieser Dritten Edition, an unzahlbar vilen Orten corrigirt, verbessert, mit Figuren geziert, auch... vermehrt worden, durch Martinum Zeillerum Styrum, N. C., Tübingen, Brunn, 1628, 1027 p.

Il testo di Zeiller è vorosimilmente una sintesi di quello edito da Rosset. Tuttavia alcune significative varianti (Cramail avrebbe affidato a Vanini l’istruzione di un cugino e non di un nipote e lo avrebbe egli stesso denunziato ai Capitouls) rispetto all’originale francese, possono far supporre che egli abbia avuto presente un canard diverso da quello utilizzato da Rosset.

Il testo riprodotto è la versione francese De l’effroyante doctrine athéiste Doctoris Vanini, autrement nommé Luciolus, de ses horribles discours et blasphèmes du nom de Dieu, et de sa fin insensée, giacente tra le carte Baudouin, Archives Départmentales de la Haute Garonne, pièce 162.

Ce Docteur avait étudié dans les hautes Ecoles les plus distinguées d’Italie et bien profité. Mais comme il voulait avancer encore plus loin, il s’en alla en Espagne, à Salamanque. Là il s’occupa particulièrement de astrologicis, il étudia aussi Magiam et le grand oeuvre. Il y fit tant de progrès, qu’il devint assez impie pour ne plus croire à Dieu, pour dire que l’ame finit avec le corp et publier d’autres erreurs effroyables de meme nature, qui ne peuvent etre lues sans horreur, et que je ne rapporte ici qu’avec un estreme scrupule. Et ces erreurs, il ne se contentait pas de les croire, mais il essayait aussi d’y entrainer les autres. La crainte de l’Inquisition, lui fit quitter Salamanque; il visita d’autres lieux en Espagne, et finit par venir en France et s’établir à Paris. Là, par suite de sa profonde expérience, il ne tarda pas à etre connu des grands Seigneurs. Mais quand il eut laissé percer peu à peu sa doctrine blasphématoire, et que le livre par lui publié de causis naturalibus eut été brulé de la main du bourreau, à cause des horribles et épouvantables choses qu’il y avait inserées, les grands Seigneurs ne le tinrent plus en haute estime et s’apercevant qu’il étoit vu de mauvais oeil à Paris, il se rendit à Tholose, où, grace à son habilité, il s’insinua encore dans la société de beaucoup de gens de distinction. Il fut agréé et recueilli par le Comte de Crémail pour Praeceptore d’un sien jeune cousin. Or il advint que ce Seigneur, voyant qu’il avait affaire à un athée, voulut le congédier. Il eut occasion d’en parler, et le Parlement de Tholose lui envoya deux Conseillers, chargés de savoir auprès de lui ce qui en étoit de ce Doctore Vanino (qui s’est fait appeler Luciolius, peut-etre en l’honneur du satirique Lucien, ou s’est nommé Lucius). Quand ces Messieurs connurent le fond des chses, il fut arreté prisonnier et examiné par le Commissario du Parlement Messire Bertrando. Ayant persisté dans son opinion blasphématoire, refusé d’entendre parler de Dieu, déclaré que tout étoit l’oeuvre du hasard, et que le monde n’auroit point de fin, et profèré d’autres blasmphèmes horribles et inouis contre le Christ, Sauveur du Monde, contre Moise et les prophètes, il fut condamné à mort par le meme Parlement. On prescrivit que sa détestable langue seroit arrachée, qu’on le bruleroit vif, et qu’on jetteroit ses cendres au vent. Telle fut sa récompence bien méritée, récompence qu’auroit aussi reçue, si l’on avait pu le prendre, certain Grec vagabond qui, sur la route de Tholose, a voulu justifier ce Doctor, et souscrire à ses doctrines.

Questo Dottore aveva studiato nelle scuole più alte e più prestigiose d’Italia e aveva tratto buon profitto. Ma poiché volle spingersi più lontano, andò in Spagna, a Salamanca. Qui si occupò in modo particolare di astrologia; studiò anche la Magia e la grande opera della natura. Fece tanti progressi che divenne assai empio fino al punto di non credere più in Dio o di dire che l’anima finisce con il corpo e sostenere altri spaventosi errori dello stesso genere che, non potendo essere letti senza orrore, riferisco qui non senza uno scrupolo estremo. Ed egli non si limitava a credere in tali errori, ma tentava di convincere anche gli altri. Il timore dell’Inquisizione [spagnola] lo fece venire in Francia e si stabilì a Parigi. Lì, con la sua grande esperienza non tardò ad entrare in dimestichezza con i grandi Signori. Ma quando cominciò a manifestare la sua dottrina blasfema e allorché il libro [De admirandis] da lui pubblicato sulle cause naturali fu bruciato per mano del carnefice, a causa delle orribili e spaventose cose che vi aveva scritto, e quando i grandi Signori non lo tennero più in grande stima e si resero conto che egli era malvisto a Parigi, si recò a Tolosa, ove, grazie alla sua abilità, si insinuò di nuovo nella società tra persone di grande distinzione. Fu accettato e accolto dal Conte di Cramail come precettore di un suo giovane cugino. Ma accadde che questo Signore, scoprendo di avere a che fare con un ateo, lo volle congedare. Il Conte ebbe l’occasione di parlarne e il Parlamento di Tolosa gli mandò due consiglieri con l’incarico di sapere da lui ciò che sapeva intorno a questo Dottor Vanini (che si è fatto chiamare Luciolo o Lucio forse in onore dello scrittore satirico Luciano). Quando questi signori conobbero la sostanza delle cose, egli fu fatto prigioniero e fu esaminato dal Commissario del Parlamento, sig. Bertrand. Avendo persistito nelle sue opinioni blasfeme, rifiutò di sentir parlare di Dio, dichiarò che tutto è opera del caso e che il mondo non ha punto fine e profferì altre orribili ed inaudite frasi blasfeme contro il Cristo, Salvatore del Mondo, contro Mosè e i profeti; e fu condannato a morte dallo stesso Parlamento. L’ordine dato fu che la sua detestabile lingua fosse sradicata, che lo si bruciasse vivo e che le sue ceneri fossero sparse al vento. Tale fu la sua ben meritata ricompensa; una ricompensa che avrebbe potuto ricevere anche, se si fosse riusciti a prenderlo, un greco vagabondo, che sulla strada di Tolosa ha voluto giustificare questo Dottore e sottoscrivere le sue dottrine.