Archivio dei filosofi del Rinascimento

19 – 1624. Jean de Silhon (1596-1667).

Lettre du sieur de Silhon a Monseigneur l’Evesque de Nantes, s.l., s. t., s. d., 61 p.

La medesima lettera è pubblicata da Nicolas Faret (1896-1646), Recueil de Lettres Nouvelles, dedié a Monseigneur le Cardinal de Richelieu. [2 tt in 1 vol.]. Paris, chez Toussainct du Bray, 1627, 456, ma 556; 229 p.

/24/ Ie reprimeray aussi l’extravagante force que Cardan, pomponace, & Vaninus attribuent à l’imagination qui pourroit affoiblir l’éclat des operations surnaturelles de Iesus-Christ & de ses Saincts; Ie n’entends pourtant rien oster de la vertu de cette faculté qui est grande, ny reietter les estranges effets don’t elle est capable, & que ces autheurs ont curiesement recherchez.

Quant au dernier à cause que la licence de ses opinions & le malheur du siecle luy avoit acquis de la reputation, ie suis obligé d’en dire mon sentiment pour ne laisser l’erreur en authorité. I’ay leu curieusement son /25/ amphitheatre & ses dialogues: au premier où il s’oppose à la doctrine de Athees qui nient la providence ie ne trouve rien que de fort plat & de commun excepté quelques remarques de l’Astrologie iudiciaire qu’il a copiees de Cardan & de Ptolomée, & qui estans de pures frenesies & advancées sans preuve ont à grand peine dequoy se faire refuter. Certes i’en fais aussi peu d’estat que des visions des hostes des petites maisons: par tout ailleurs quand il entreprend quelque opinion difficile & forte il l’enfante avecque tant de trenchées & de convulsions qu’on void bien qu’il y a eu du vice à la Conception: & l’excellence est qu’il veut faire passer ceste obscurité qu’il /26/ sentoit bien pour une subtilité, tant la vanité est artificieuse. Pour ce qui est de ses dialogues dont il fait le theatre de sa gloire, & le champ de ses triomphes, & qui estans les derniers de ses escrits contiennent la cresme de son sçavoir: i’avoüe qu’il y a aux trois premiers livres des remarques assez rares sur la philosophie naturelle: mais qui en retrancheroit ce qu’il a dérobé à Cardan, à Pomponace, Fracastor, & à Iule Scaliger, le reste seroit bien sec. Le quatriesme dore la pillule & cache subtilement le poison; quoy qu’il face semblant de fraper la religion Payene, le contrecoup va sur la Chrestiene. Ores il recommande en passant la Religion des Philosophes Payens, /27/ qui est de vivre selon la loy de nature, de laquelle il proteste ne s’estre iamais departy: tantost il met toutes les Religions au rang des choses perissables, & les fait naistre les unes de la corruption des autres, opinion qu’il a tirés de Machiavel en son Prince, & pour la bien revestir il la fonde avec Cardan, dans la revolution des cieux & dans la rencontre des constellations; & là il se donne carriere & prend peine à estaller une doctrine qui n’a fondement qu’en son imagination, & apres avoir ouvertement chocqué la divinité de Iesus Christ, pour se mettre à couvert de la iustice humaine qu’il n’a pû eschaper, il conclud que telles meditations sont des fruits precieux de sa tres-subtile /28/ philosophie qu’il deteste, & mesme a detesté en les produisant en faveur de la Religion Chrestiene.

/24/ Contesterò anche la forza stravagante che Cardano, Pomponazzi e Vanini attribuiscono all’immaginazione che potrebbe rischiare di attutire lo splendore delle operazioni soprannaturali di Gesù Cristo e dei suoi Santi. Tuttavia non intendo togliere nulla alla virtú di detta facoltà che è grande, né respingere gli strani effetti di cui essa è capace e che sono stati curiosamente ricercati da questi autori.
Riguardo all’ultimo di essi, il quale ha acquistato reputazione per via della licenza delle sue opinioni e della sventura del secolo, sono obbligato a dire ciò che ne penso per non lasciare che l’errore passi per autorizzato. Ho letto con curiosità il suo /25/ Amphitheatre e i suoi Dialogues: riguardo al primo, in cui egli si oppone alla dottrina degli atei che negano la provvidenza, non trovo niente di volgare e di comune, salvo alcuni rilievi di astrologia giudiziaria, che copia da Cardano e da Tolomeo e che, per essere delle pure frenesie, proposte senza prove, sono, per la loro inconsistenza, a mala pena confutabili. Indubbiamente li tengo in poco conto come se fossero visioni di albergatori di modeste locande. D’altronde, ogni volta che avvia qualche opinione difficile e forte, egli la partorisce con tante trincee e convulsioni che si vede bene che c’è stato qualche vizio nella concezione; e l’eccellenza è che vuole far passare questa oscurità che egli /26/ percepiva come sottigliezza; tanto la vanità è artificiosa. Per quanto concerne i suoi dialoghi, che egli reputa come il teatro della sua gloria e il campo dei suoi trionfi, essi contengono, per essere stati scritti per ultimi, la crema del suo sapere. Confesso che nei primi tre libri ci sono osservazioni molto rare sulla filosofia naturale, ma se si dovesse escludere ciò che ha tolto a Cardano, a Pomponazzi, a Fracastoro e a Giulio Scaligero, il resto sarebbe molto scadente. Il quarto indora la pillola e nasconde sottilmente il veleno, benché dia l’impressione di bussare alla religione pagana, il contraccolpo va su quella cristiana. Ora raccomanda di sfuggita la religione pagana /27/ ovvero di vivere secondo la legge di natura, dalla quale protesta di non essersi mai allontanato; ora include tutte le religioni tra le cose corruttibili e le fa nascere le une dalla corruzione delle altre, opinione che mutua dal Principe del Machiavelli e, per mascherarla per bene, la fonde con quella di Cardano sulla rivoluzione dei cieli e sull’incontro delle costellazioni, e lì si sbizzarrisce e si affanna a costruire una dottrina che non ha fondamento che nella sua immaginazione e, dopo aver apertamente scosso la divinità di Gesù Cristo, per mettersi al riparo dalla giustizia umana cui non ha potuto sfuggire, conclude che tali meditazioni sono frutti preziosi della sua sottilissima /28/ filosofia che egli detesta e che ha detestato producendole a tutto vantaggio della religione cristiana.