Biografia

1615 - 1620

1615    Il 19 gennaio un decreto del Senato ligure approva l’ordine di cattura di Giovanni Maria Ginocchio per mano del Capitano di Chiavari e per ordine dell’inquisitore genovese. Vanini è allarmato; lascia in tutta fretta Genova, nel timore che un analogo provvedimento sia stato adottato nei suoi confronti, e si reca a Lione.

Il 5 marzo la notizia dell’arresto di Ginocchio giunge in Congregazione del Sant’Uffizio. Nella seduta, il papa ordina che l’apostata genovese sia processato e che da lui si carpiscano notizie relative al suo ex-confratello e compagno di viaggio. Nella successiva tornata del 26 marzo, il pontefice ordina all’inquisitore genovese di trasmettere a Roma tutte le informazioni relative a Vanini. Il 21 luglio da Genova arriva la notizia che il Salentino è fuggitivo: al pontefice non resta altro che rinviare il processo contro di lui; ma è un rinvio che ha tutta l’aria di una condanna in contumacia.

In giugno esce a Lione l’Amphitheatrum. Il 4 giugno e il 6 giugno Jean-Claude Deville, predicatore e canonico di S. Paolo, della diocesi lionese, e François du Soleil, ordinario metropolitano e vicario generale, siglano l’approvazione ecclesiastica. Il 23 giugno Jacques Daveine, procuratore regio, e Pierre de Sève, luogotenente generale, firmano quella civile.

Nella seconda metà di agosto Vanini torna per l’ultima volta da Ubaldini; sa di essere nel mirino dell’Inquisizione; si scusa con il Nunzio per la sua improvvisa fuga a Lione, ove dice di aver dato alle stampe l’Amphitheatrum; si dichiara sorpreso che il Sant’Uffizio abbia proceduto contro di lui e chiede di essere messo a conoscenza se sono state prodotte denunce a suo carico. Ubaldini è evasivo e lo invita insistentemente a raggiungere Roma. Ma Vanini, deluso dall’incontro con il Nunzio, decide di rimanere a Parigi. Thomas Dempster lo presenta a Arthur d’Epinay de Saint-Luc, il quale, a sua volta, lo fa entrare in contatto con François de Bassompierre. La strada del successo sembra essere ormai spianata. Stringe rapporti di amicizia con personalità di alto rango, come Adrien de Monluc, conte di Cramail, Henri de Montmorency, Nicolas Brûlard de Sillery, ed entra in contatto con i poeti libertini che fanno capo a Théophile de Viau. Intanto compone il De admirandis.

1616    Il 1° settembre esce a Parigi il De admirandis. Il succès de scandale è immediato e di grande risonanza. A un mese di distanza, il 1° ottobre, i due censori, Corrradin e Le Petit, che ne avevano sottoscritto l’approvazione ecclesiastica, sostenendo di aver condotto l’esame su un manoscritto diverso dal testo stampato, chiedono alla Facoltà Teologica di intervenire con un decreto di censura e esigono che esso sia registrato nel Liber Conclusionum «ut facilius impedire possent ne sub eorum approbatione amplius divulgentur». Con tutta probabilità la decisione della Sorbona, con relativo divieto di circolazione del testo, viene trasmessa al sindaco dei librai di Parigi.

Nello stesso tempo in Francia la situazione politica precipita: l’assassinio di Concini e della Galigai conclude l’esperienza dell’italianismo a corte. I protettori di alto rango di Vanini, temendo contraccolpi politici, hanno tutto l’interesse a farlo sparire da Parigi. Cramail lo conduce con sé a Tolosa.

1617    Nella capitale occitana si cela dietro lo pseudonimo di Pomponio Usciglio e almeno nei primi tempi conduce una vita riservata nel lussuoso Hotel di rue Jouxtaigues. Ben presto si lega al gruppo degli intellettuali dell’entourage del Cramail e forse entra anche in contatto con esponenti dell’Accademia dei Filareti o Amoureux de la vertu.

Il 22 ottobre il cardinale Paolo Emilio Sfondrati riceve dall’inquisitore bolognese, Paolo Vicari da Garessio, un esemplare del De admirandis e, reputandolo «un libro cattivo», lo segnala a Capiferri, segretario della Congregazione del Sant’Uffizio.

1618    Il 2 aprile la Congregazione dell’Indice decide di sottoporre a esame censorio il De admirandis.

Ai primi di giugno giunge ai Capitouls una denuncia segreta contro Vanini. Cramail, informato della cosa, provvede a farlo trasferire presso i Noailles, nel capitoulat della Daurade, da dove è più facile una eventuale fuga lungo il corso della Garonna. Il 1° agosto i Capitouls, Paul Virazel e Jean Olivier, chiedono al conte di Cramail notizie circa lo straniero da lui ospitato. Il conte si guarda bene dal rivelarne la vera identità e, forse illudendosi di poter tenere sotto controllo la vicenda, fornisce qualche indicazione utile al suo reperimento. Il giorno successivo Vanini è arrestato nel Hotel dei Noailles ed è trovato in possesso di una Bibbia cattolica e di «plusieurs siens escritz qui ne marquoient que de questions de philosophie et de théologie». Si deve supporre che tra essi vi fossero se non entrambe le opere a stampa, almeno l’Amphitheatrum e diversi altri lavori manoscritti, tutti regolarmente siglati con il nome di Giulio Cesare Vanini, che i giudici tolosani scambiarono per pseudonimo utilizzato dall’autore in funzione della sua attività di proselitismo a favore dell’ateismo.

Il 5 agosto il Parlamento avoca a sé il processo avviato dai Capitouls e fa trasferire il prigioniero nella Conciergerie du Palais.

L’istruttoria è affidata al giudice François de Bertrand, il quale formula l’accusa di ateismo. Vanini si difende, dichiarandosi cattolico e, anzi, chiede di poter fruire in prigione di tutti i conforti religiosi. Ciò mette in difficoltà il Bertrand che, per accertare le sue convinzioni religiose, ricorre alla consulenza di alcuni teologi locali, i quali, però, non riescono a pervenire ad alcuna conclusione convincente.

Tra agosto e settembre Camillo Cesari consegna la sua nota censoria sul De admirandis alla Congregazione dell’Indice, la quale il 7 settembre decide di sottoporre il testo all’esame di un secondo consultore.

Tra ottobre e novembre giunge a Tolosa da Parigi il padre gesuita Pierre Coton, che a Corte era stato confessore di Luigi XIII. Probabilmente è anch’egli invitato a sondare il prigioniero, ma non sappiamo con quali risultati. Quel che è certo è che l’istruttoria procede a rilento, poiché scarseggiano le prove contro l’imputato. Non sappiamo quale peso ebbero gli scritti ai fini dell’accertamento dei capi d’accusa. Purtroppo non ci sono pervenuti gli atti processuali e le due uniche fonti di prima mano, la Chronique di Nicolas de Saint-Pierre e l’arrêt de mort, appaiono fortemente sospetti. La prima è ambigua, tortuosa e per lo più reticente; il secondo non è che un formulario, privo delle necessarie indicazioni sulla data degli interrogatori ed eventualmente sul ruolo degli scritti sequestrati all’imputato. Per altro il testo dell’arrêt, così come ci è pervenuto, per le correzioni e le concellazioni contenute, più che l’originale sembra esserne una coeva trascrizione.

1619    Il 29 gennaio arriva a Tolosa il Montmorency. Si preparano i carrousels per le nozze della sorella di Luigi XIII, Cristina di Francia, e del Duca di Savoia, Vittorio Amedeo. Il 3 febbraio, nella Place du Salin hanno luogo i primi festeggiamenti.

Sabato 9 febbraio: il procuratore generale, François Saint-Félix d’Aussargues, convoca di primo mattino in seduta plenaria la Grand’ Chambre e la Tournelle, sotto la presidenza di Gilles Le Masuyer. Il processo è ormai giunto allo snodo finale. Guillaume de Catel, avvocato e noto storico tolosano, pronuncia l’arringa contro Vanini. Se è, in qualche misura credibile la versione consegnataci dal Gramond, la sua linea accusatoria sembrerebbe tradire la conoscenza del De admirandis. In ogni caso il testo della sentenza non ne fa menzione. Votata a maggioranza, nel suo scarno dispositivo, essa stabilisce il taglio della lingua dell’imputato, il suo strangolamento, il rogo del cadavere e lo spargimento delle ceneri al vento. L’esecuzione avviene nel tardo pomeriggio dello stesso giorno. Al commissario, che lo preleva dalla conciergerie, Vanini dice in lingua italiana: «Andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofo». Condotto davanti alla porta della chiesa di Saint-Etienne e invitato a chiedere il perdono a Dio, al re e alla giustizia, si rifiuta di farlo. Viene quindi trainato su un carro lungo il percorso consueto della grand’ rue che conduce a Place du Salin, gremita da una folla di curiosi, ove l’esecuzione ha luogo secondo un rito ormai consolidato nel tempo.

Il 10 e l’11 febbraio nella stessa piazza proseguono i festeggiamenti per le nozze regali. Taluni motti che compaiono nel corso degli sfolgoranti carrousels sembrano fare allusione al rogo del giorno precedente.

Il 16 aprile, in occasione del sinodo pasquale, il procuratore fiscale, Jacques Rey, invita il vicario arcivescovile, Jean de Rudèle, a vigilare sulla possibile diffusione dell’ateismo e fa riferimento alle dottrine professate dall’italiano condannato al rogo. Messo in allarme, il Rudèle chiede alla Cour l’autorizzazione a ispezionare le boutiques dei librai locali e a sequestrare e dare alle fiamme i libri nocivi alla fede. Per dare soddisfazione alle sue richieste, il 26 ottobre, la Cour sospende le vacanze e, in seduta straordinaria, nomina un proprio rappresentante nella persona di Guillaume de Rességuier, con l’incarico di affiancare le autorità religiose nella caccia ai libri proibiti.

Intanto in luglio il consultore Sebastiano De Paolis consegna la sua nota censoria sul De admirandis alla Congregazione dell’Indice, la quale decide di sottoporre il testo a un terzo esame.

1620    Giungono a conclusione due procedimenti di candanna delle opere vaniniane: l’uno da parte del Sant’Uffizio, l’altro da parte dell’arcivescovato tolosano.

In giugno Nicola Modaffari consegna la sua nota alla Congregazione dell’Indice. Il 3 luglio, Capiferri relaziona sulle tre notae censorie e chiude l’iter procedurale con il decreto di condanna del De admirandis secondo la formula del donec corrigatur.

Nello stesso tempo Rudèle invita l’abate Barthès a intervenire presso la Sorbona sollecitando un provvedimento contro il De admirandis. Il Barthès gli risponde il 21 giugno, infomandolo che il libro è già stato condannato dalla Facoltà Teologica il 1° ottobre 1616. Ma il vicario non è soddisfatto e vuole un provvedimento più severo. Sottopone l’Amphitheatrum e il De admirandis al parere di censori locali, quali De la Gorrée, Nicolas Mauléon, Jean Dupuy e Gabriel Pelissier. A metà luglio sono pronte le loro risposte le quali non lasciano dubbi e dichiarano nocive per la fede entrambe le opere vaniniane. Il 16 luglio Rudèle convoca un conciliabolo di teologi e procede alla loro candanna. Il 13 agosto il vicario invia il relativo decreto al sindaco dei librai, Pierre de Bosc, con l’obbligo di impedire la circolazione dell’Amphitheratrum e del De admirandis nel territorio della diocesi occitana.

Biografia

1585-1614

1615-1620