Tommaso Campanella, Lettere, n. 101

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A DON FILIPPO COLONNA IN ROMA

Roma, 11 ottobre 1634

Eccellentissimo signor padron colendissimo,

adesso proprio ricevo una di Napoli, dove avvisano che Pignatello, visto il
catafalco dove avea a morire dentro il Castello, negò intrepidamente quanto
li cercavano; e poi fu posto in tormenti orribilissimi e li fecero dire quanto
han voluto; e che, di più, ha nominato me. Ma dopo finiti i tormenti, andando
a morte, chiamò li giudici e protestò che quanto avea detto contra me era
bugia detta per soggestion loro e per forza di tormenti, e si protestò che lo
scrivessero autenticamente, il che non so s’è fatto; e subito lo strozzâro. Ma
questo è vero, che fece più volte la medesma istanza a’ Confrati Bianchi (che
son tutte persone nobili, e letterati), e non cessò finché lo scrissero nel libro
della confraternita, dove discolpa me, e dice per tormenti avermi nominato.
La copia di questa discolpa mi venerà forse venerdì con la posta, ché mi scriveno
che subito la manderanno; e io la manderò a Vostra Eccellenza che la
mostri a Nostro Signore; e occorrendo adesso parlarsi, ho voluto sia informata
Vostra Eccellenza, perché non si facesse concetto o risoluzione contra il
vostro servo. Tutto lo scopo loro era contra me procurato da chi può pensare.
Ma io sto intrepido, sapendo l’innocenza mia, e che Nostro Signore non
lascia far torto a persona alcuna: tanto più alle sue affezionatissime creature e
di Vostra Eccellenza, tutela dell’innocenza e delle virtù perpetuamente.

Resto al suo comando e me raccomando quanto posso coram Deo et hominibus
e supplico ut supra per gloria di Dio, di Nostro Signore e di Vostra
Eccellenza.

Roma, a 11 ottobre 1634.

Di Vostra Eccellenza
umilissimo e divotissimo servo
fra Tomaso Campanella ecc.

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