Tommaso Campanella, Lettere, n. 13

Precedente Successiva

A PAPA PAOLO V IN ROMA

Napoli, settembre 1606

Beatissimo Padre,

vinti giorni dopo scritto, non potendo mandar la lettera, intesi murmurar
dal barbiere e soldati che li Veneziani sono scommunicati da Vostra Beatitudine,
e che correno intrichi per questo. Il che mi fece lacrimare «quia tacui»,
se ben non per colpa mia; e pensai che per questo li Reverendissimi
non me aiutano come deveno, per non guastar gli animi di príncipi. Però,
supplicando prima che mi dimanda, con condizione di rendermi a loro s’io
mento o che non finisca il negozio, finché Dio farà sereno, se li piace, vengo
a dirli una parte di revelazione ch’ho intorno a questo, serbando il resto,
ch’è assaissimo, a suo tempo e luogo.

Or son tre anni, avendo interrogato il Demonio, che si facea angelo e dio
e compariva ad una persona da me instrutta a pigliar l’influsso divino, al
qual mi parea disposta dalle stelle per la sua natività che mirai, rispose di
tutti regni che dimandai, oltre di me e degli amici; e di Roma disse ch’al
1607 il pontefice perderà gran parte d’autorità, e che alli 1625 sarà scisma
di dui pontifici e si struggeranno l’un l’altro e abbasseranno il papato assai.
Poi sarà fatto un papa da gente meschina e povera e poca, fuor di Roma,
fiacco e di valor languido, e questo poi in breve sarà spento: è qui finirà tutta
la pontifical dignità e ’l senato di Cardinali sarà annichilato. Fra l’altre,
poi, visioni, vide una vecchia seguitata da fanciulli a pietre, ch’entrò in
una casa; ed esso, seguendo appresso, entrò e la vide sepolta in una cassa,
con queste lettere sopra: «C. V. C.». E dopo un mese ci dichiarò il falso angelo,
che volean dire: «Certo Venezia Caderà»; e disse che quella persona,
che vedea tali visioni, sarà mandata da esso Dio a far certi miracoli in Venezia,
e sarà da’ Veneziani carcerato; poi fuggirà di carcere e averà tutta l’Italia
in favore e struggerà Venezia.

Dopo queste e moltissime altre visioni, che ci n’è un libro, io, accorto
ch’era Diavolo in molti segni e avvisando quella persona, dicendoli che dimandasse
segnali come Gedeone, e altre industrie, promesse il Diavolo
darli poi; ma comparse ad un signore in uno specchio, che trattava farmi
fuggire, e lo fe’ che mi tradisse e rivelasse; e fui posto in questa fossa
pur dal Diavolo medesimo predettami. Qui aspettai, per tal successo verificato,
scienze dal Cielo e libertà promesse dal Diavolo, perché il desiderio
del sapere e libertà mi facea esser mal giudice e non stavo certo ancora se
era diavolo. Passò il tempo della sua promessa, e vennero li diavoli spesso e
m’afflissero in varie forme in questo luoco; e questo mi servìo assai per accertarmi
della fede e pregai Dio: fui soccorso, ebbi revelazioni vere, e mi
fûr dichiarati gl’inganni del Diavolo e di sue profezie, e detto che avvisassi
Vostra Beatitudine di molte cose – che non basta sei fogli di carta – da mia
sorella, che fu sibilla, e da san Paolo e san Pietro e san Bonaventura; e come
li diavoli nelle stelle e nelle cause agenti veggono molti eventi, e per il
più essi s’ingannano e ingannano. Questo di Venezia antevidero nella congiunzion
magna del 1603 ed eclissi e comete ecc., e nell’animi di Veneziani,
che si governano più per ragion di Stato che per l’Evangelio; e che certo
sta in procinto di ruinare, se non fa penitenza, e scotendo il giogo del padre
pigliarà il giogo del padrone, e farà libri per provocar a gelosia il padre e
Dio, e mostrarà scherzare e poi farà da vero; ch’entraran Oltramontani,
scriveranno di libertà e saranno animati da gente forastiera alla vanità loro,
«et erit illis in ruinam et scandalum, nisi revertantur ad virum adolescentiae
suae».

Seppi ancora ch’al clero soprastà gran procella di sangue e sarà ruina nel
papato, e poi surgerà un papa divino e altri spiriti buoni, e ch’averan lo Spirito
santo manifesto come gli apostoli, e convocaranno il mondo tutto ad
una legge, e li Turchi e Settentrionali correranno alla fede vera; e assai altre
cose di ciò e dell’Anticristo. Però, senza mirar al mio danno – ché, sapendosi
che scrivo, sarìa peggio per me – e perché mi fu questa carità inspirata
da Dio, mi parve avvisar Vostra Beatitudine che preghi Dio come Ezechia,
che almeno faccia «pacem in diebus nostris». E sappia che non caderà iota
di quanto fu rivelato a santa Caterina senese e a san Vincenzo ecc. E per
tutto si murmura tra’ savi e pii che Roma patirà nel secondo avvento quel
che patìo Gerosolima nel primo. Già siamo al tempo che predisse san Pietro:
«Venient illusores iuxta propriam conscientiam ambulantes, dicentes:
– Ubi est promissio aut adventus eius? Ex quo dormierunt patres, omnia
perseverant ut ab initio creaturae». E si dice per proverbio il «citodell’Apocalissi»;
e tutti credono ad Aristotele, ch’il mondo sia eterno; e così allevata
la gioventù, né trovando lo Spirito santo in noi, se non gelato, pensono
che ’l Vangelio sia cosa d’astuto o di malinconico sciocco. Non volemo
creder li segni che Dio mostra, perché ci abbia a cogliere come ladro di notte.
«Turtur et hirundo custodierunt tempus adventus sui; populus autem
meus non cognovit tempus visitationis suae. Vere mendacium operatus
est stylus mendax scribarum», dice Dio. Ci mandò san Gregorio e
sant’Ambrosio a mostrar li segni, e poi le femine per confonderci, Brigida
e Caterina, poi ci pose in burla de’ poeti Aretini, Franchi ecc,: né si fe’
penitenza, se non in apparenza; e mo ci mostra li segni in fatti, non in parole,
ché Germania è il flagello delle creature fatto per purgar il tempio, mostrato
a santa Caterina, e Venezia lo fornisce.

Santissimo Padre, non tener fede nelli prìncipi: «sunt baculi arundinei»;
han per Vangelio il Macchiavello, dato a loro per scandalo di rovinarli,
come si vede in tutti suoi discepoli. E perché li sacerdoti pur viveno
come quelli, seguendo la ragion di Stato, vedrete che «sunt canes muti nescientes
latrare». E Dio per li secolari e clerici dice: «Apprehendam sapientes
in astutia eorum» e: «qui adducit sacerdotes inglorios et optimates
supplantat et consiliarios in stultum finem». Per guadagnar l’entrate delle
chiese, tutti s’accordaranno. Spagna repugnerà, per non perder l’altro emisfero
che sta unito con questo per lo vincolo della religione e, rotto questo,
certo si perdería. Abram per timore dirà che la moglie gli è sorella, e Faraone
la piglierà per sé, e al fine per flagello di Dio la renderà con refuso.
Vero rimedio secondo Dio è che tutto il clero, rosso o bianco o verde o
negro, vadano alle chiese scalzi e digiunino e bevan vino romanesco e pan
plebeo mangino: «Expergiscimini qui bibitis vinum in dulcedine, quia periit
ab ore vestro». Ma se noi ci privaremo da per noi, non ci privarà la creatura
per flagello di Dio: «Si nosmetipsos iudicaremus, non iudicaremur». E non
si pensino d’ammalarsi o morire. Dio pose mèta alla vita: «praeteriri non poterunt»,
dice Iob. Nell’altre cose s’obedisca alli medici, non negli atti religiosi.
Romoaldo, Geronimo, Antonio, Paolo e tanti altri ’remiti vissero lunga
vita con l’astinenza: la crapula l’abbrevia nelli sacerdoti d’oggi e le piume
ecc.; e lo grasso spirito «nil coeleste sapit», dice san Geronimo, allegando
pur Galeno medico: e però prevale la ragion di Stato, la prudenza carnale,
«Deo non subiecta». Quando san Pietro usò la ragion di Stato a Cristo,
dicendo che non tornasse in Giudea, ché saria ammazzato, e non era bene,
ma si dovea conservar per utile d’altri, Cristo rispose: «Vade retro, Satanas,
non enim quae Dei sunt scis, sed quae sunt hominum»; e fu in quel dì che
lo fece papa. Ecco dunque che tutti siamo Satana a Cristo quando seguemo
la ragion umana, opposta – non dico la sottoposta – alla divina: «nisi granum
frumenti» ecc.; «qui amat» ecc.

So che non mancaran teologi venduti a dir il contrario, dicendo che la
penitenza è tentar Dio; e com’è scritto: «Sanabant contritionem filiae populi
mei, dicentes: – Pax, pax! – et non erat» ecc.; e altrove di questo tempo fu
detto:«Peribit cor regis, cor principum, obstupescent sacerdotes et prophetae
consternabuntur». Leggiamo ben san Paolo: «Erunt in novissimo homines
se ipsos amantes» ecc., «voluptatum amatores magis quam Dei» ecc.,
«speciem habentes pietatis» (idest religionis), «virtutem vero abnegantes».
Dunque manco si fidi Vostra Beatitudine delli vescovi, che faran come in
Germania; e li teologi diranno: – La Chiesa di Dio non può mancare –, e
mille baie; ma si pensono ch’essi son Chiesa di Dio. «Nolite confidere in
verbis mendacii templum Domini» ecc., ché a Dio non manca Chiesa fuor
di Roma e per tutto il giro del mondo; anzi è necessario, per meglio piantare,
che primo «evellat et destruat et postea aedificet». Di questo pure
è scritto: «et stridebunt cardines templi» ecc., idest: «percute cardinem et
movebuntur superliminaria. Avaritia enim in capite omnium» ecc.; «et sacerdotes
in mercede docebant» ecc.; e, perdendo la moglie, Ezechiel fu simbolo
di questo fatto: «Ego enim polluam sanctuarium meum, superbiam imperii
vestri» ecc.

Questa è la chiave della natura e della profezia: quel che fu sarà. Perché
le cose passate son simili alle future: e quanto fu detto di Babilonia s’intende
di tutte monarchie che a quella successero e imitâro, come li pomi del futuro
anno son simili a quelli del passato; e quel che si dice di Ierusalem, s’intende
di Roma per figura. Però sempre dice: «Filia Sion, turris gregis, usque
ad te veniet potestas prima, regnum filiae Ierusalem». Ecco Roma filia Ierusalem,
perché, come dice Crisostomo, «Iudaea secundum fidem mater est
gentium». Era Babilonia e fu fatta Ierusalem, come profetò Osea con
san Paolo: «Erit in loco ubi dictum est. – Non plebs mea vos, ibi filii Dei
vocabuntur». E di Venezia simile a Tiro: «Erit siccatio sagenarum».

E però mira, santo Padre, che è detto: «Auferam a Ierusalem et Iuda
omne robur panis et omne robur aquae, validum et fortem iudicem et prophetam,
ariolum et senem principem,et consiliariun sapientem de architectis
et prudentem eloquii mystici» ecc.; e dopo dice che non ci trovarà chi voglia
esser principe. Non tanto si brama il cardinalato quanto si fuggirà. E la
Sibilla:

Tunc tu, purpureo in poenis nudata nitore,
flebis ecc.

a Roma. A Filadelfia fu promesso nell’Apocalisse da chi ha le chiave di David,
che al vincitor scrivarà in fronte il nome di Dio e della città di Ierusalem
e il suo nome novo: questo è certo di Roma per il simbolo delle chiave e di
Ierusalem: ché pur Philadelphia vuol dir «amor fraterno», e Roma, inversis
literis, est
Amor=Roma.

E di più li promette serbarla dall’ora della tentazione ch’ha da venir sopra
tutt’il mondo; e che li nemici suoi adoraranno alli suoi piedi, alludendo
a quel che si fa al papa da tutti prìncipi e popoli basciando i piedi, come al
Messia fu promesso: «inimici eius terram lingent». Ma non per questo resta
che li guai di Gerosolima non le tocchino, così come li beni, perché dove
ci entra il peccato si scioglie il patto. Ma perché «sine poenitentia sunt dona
Dei», al fine le reliquie, dopo la rovina, s’edificaranno in novo tempio e
nova Ierusalemme. La lettera parla della figlia di Sion, per usanza di Scritture,
per la stessa populazione che in quello abita, e della figlia del popolo
per lo stesso popolo, e della figlia di Babilonia per la stessa Babilonia; ma lo
Spirito, che intende fin al fine del mondo non evacuarsi le profezie, parla di
tutti descendenti e consimili a loro. Questa è chiave imparata in Cielo per
intender le Scritture. Chi è spirituale sa quel che dico.

I. Dunque, o sanctissimo Padre, il primo rimedio è la penitenza pubblica
ex toto corde, come quella d’Isaia, d’Ezechia e di Ninive. E per farla parere
in fatti, che l’inimici perdano l’ardire e li popoli non credano a li teologi loro,
profeti venduti iezabeliti, bisogna governar lo Stato ecclesiastico di modo
che ogn’altro popolo l’invidii e desideri star sotto la Chiesa. Dove è la
differenza tra’ popoli ecclesiastici e gli altri? Le pene, li tributi, le carceri,
li tormenti, l’angarie son simili per tutto. Dunque tutti caminano per una
via; e così li prìncipi credono che ‘l papato sia simile al dominio loro, e l’obbediscono
per servirsi di lui, non per servir a lui: e questo viene perché noi
ci servimo di Dio, ma non servimo a Dio. E così si perde la fede.

Perché la gente, che sua guida vede
pur a quel ben ferire ond’ella è ghiotta,
di quel si pasce e più oltre non crede,

disse Dante parlando del papato. Vedo Satana metter fuoco in tutti cuori
di prìncipi che tolgano il gladio materiale al papa, e che l’imperatore dimandi
Roma, dicendo che era invalida la donazione e non prescrisse; e che li
religiosi han la libertà de iure humano, e che essi, lor prìncipi, la pônno levare,
crescere e mancare per meglio della republica loro; e che li beni stabili
son dannosi al clero; e se li usurparanno sotto specie di riformarlo. E cento
teologi venduti scriver in favor loro; e tutti Oltramontani in secreto e poi in
publico fomentare la guerra grammaticale, e alli prìncipi chi fanno la volontà
madre della ragione e non la ragione della volontà, come se lo Figlio procedesse
dallo Spirito santo e non questo da quello, trovando ragioni, libelli,
sillabe, dizioni torte, accenti e ipsilon, che parerà ch’ogni dottore dica a modo
loro, perché Dio stesso «immutat cor principum et decipit eos, ut» ecc.,
per li peccati nostri e loro.

La riforma universale è il rimedio. Né si può far riforma se lo clero romano
non si riforma da sé. Invan si muove il remo, le sarti, il velo e gli altri
ordegni per drizzar una nave, se il timone non si tocca [a] proposito da un
che l’intenda. Quando li regi d’Israel erano buoni, li popoli erano megliori;
quando li regi tristi, essi pessimi. Far ben per forza è proprio delle bestie;
ma degli uomini proprio è far bene per imitazione degli megliori. E chi
in publico è buono, in secreto è diavolo, se non ha chi imitare in sentimenti
veri esposti con verità. Ma questo rimedio solo bastarìa a riformar tutte le
religioni: far che nullo tenga chiave di cella particolare né di cassa; ma sia
la chiave doppia, d’una banda, comune al dormitorio e alle porte, dell’altra,
alle celle: così non si pônno lamentar li frati di ordinazioni e bolle sopra bolle,
e son forzati a non tener danari né robba, se non in deposito commune,
né terran cose vane, né libri proibiti, né processi, né prediche scritte per recitarle
come comedia a fin di guadagnare. So che ripugnaran li satrapi e diranno
che li frati faran male l’un all’altro, e pur teneranno robba fuor della
religione. Ne credas. È meglio tener la peste fuori che dentro: «avaritia est
idolorum servitus». E l’idoli d’oro Mosè e altri zelanti fecero in polvere
e gittâro a fiume. Almen si leva il pensiero di tesorizzare: mal non può seguire
altro, si mirano nelli Capuccini. Ma questo non s’usi sopra li novizi e
conversi e non sopra li maestri ecc.

II. Perché li prìncipi cercano gittar a terra li canoni e alzar le lor prammatiche
e constituzioni, seguendo Vostra Beatitudine la pietà, che dice:
«Solve fasciculos deprimentes», abbrevii le cause, «velociter reddens quod
iustum est». Questo fu profetato dal Messia nella persona di Vostra Beatitudine.
Dunque tolga la legge civile, ché basta sola la canonica; e di questa,
che son tre tomi e replicano lo stesso o ritrattano, se ne faccia un solo, come
il Deuteronomio dove basta un libricello a tutte le cause. Così si toglie la
lunghezza delle liti, l’adulterio delle leggi per li dottori, la difficultà lunga
dello studio, e si leggeran li Padri e non le glosse varie. E tutt’i prìncipi, vedendo
quanto è buono, piglieran questo modo, «acclamantibus populis», e
cessarà la grande iniquità, che «sedet loco iudicii», e l’inganno della plebe
meschina; né saria se non bene che sian volgari ad ogni nazione. Di più, faccia
che tutti li religiosi avvochino ad defensam, in particolare li clerici regolari;
e li frati di Gioan di Dio e di san Gioan Colombino siano medici e speciali,
e leggano medicina e agricoltura, e servano a tutto il popolo gratis. E
così «omnia traham ad me ipsum» cum gaudio populorum.

III. Si faccia in Roma una ruota di conseglio comune, dove entrino tutti
l’ambasciatori di prìncipi e republica con altri tanti Cardinali da lor chiamati,
che ognun abbia ius d’introdur un seco. Pigli l’infimo luoco chi si tiene il
più nobile; questo si appelli il «collo della Cristianità». E quel che si determina
da tutti insieme con Vostra Beatitudine in materia di Stato, tutti prìncipi
abbino a seguitare; e chi non ubbidisce, tutti gli altri prìncipi siano obligati
ad esserli contra in guerra aperta. Questo servirà per non ribellarsi dalla
Sedia apostolica, come fece il re d’Inghilterra; e perché cessi la gelosia che il
grande non opprima il picciolo, e che ’l grande possa far guerra contra infideli
senza sospetto che l’altri lo molestino in casa sua assente, come facea
re Francesco a Carlo V; e per rappresentar l’unità de’ Cristiani, con spavento
d’infideli, sotto il padre. E non posso dir li innumerabili beni che da questo
consiglio nasceriano. Uomini di spirito e di gran lettere ci vuol a persuader
li prìncipi a questo, che per interesse di tutti è ottimo, come io dimostrai
nel libro della Monarchia di Cristiani che sta in man dell’illustrissimo San
Giorgio.

IV. Perché negano a Vostra Beatitudine il gladio materiale con gran malizia,
ché ignoranza non può esser a chi ha giudicio potissimo, e Cristo disse
che in tempo di bisogno non solo «sacculum et peram et tunicam» debbiano
pigliare, ma «qui non habet, gladium» ecc.; instando la passion della
Chiesa, si faccia una religione in mare de’ «cavalieri Cefei», cioè di san Pietro,
e una in terra di «Paolini», cioè di san Paolo, crociati con chiave e spada
attraversate in croce varia,si bene ex Coelo audivi. E sian di preminenza
maggiori a tutti cavalieri, vivano religiosamente, eleggano il vice–maestro da
sé. S’esercitino in ogni sorta d’armi, di navigare, nuotare, correre, saltare,
cavalcare, ferire, figurati dalli «Cerethi» e «Phelethi» di David, «quia summus
pontifex est regno David», dice san Bernardo, così come «est antiquitate
Adam, primatu Noë, patriarchatu Abraham, sacerdotio Melchisedech,
potestate Moyses, iudicatu Samuel, apostolatu Petrus, unctione Christus».
Dunque mostrisi quel ch’è. Sian gli soldati religiosi, pii, mansueti alli cittadini
di Cristo, fieri alli nemici, come li descrive Platone nella sua Republica,
a guisa di cani molossi. Li sbravacci non valino; si scelgano ex robore corporis
et virtutis, non ex nobilitate carnis.
Gli uni guarderan le galere, gli altri
[le fortezze] di tutta la Chiesa in terra. Saran conventi loro li castelli e priori
li castellani, guardaranno la persona del papa e tutte le terre importanti, viveranno
in comune, legeranno d’arte militare e navigatoria alli popoli, e faranno
spesso mostre della gente e popolazione dove stanno, e insignaranno
mecanica. Così la Chiesa s’assicura, non bisognerà pagare soldati strani, li
Latini e Marchiani non saranno sbirri d’altri prìncipi, come fanno per l’instinto
naturale all’armi, e riuscirà stupendo aiuto da questo fra dieci anni. Li
Cefei per prede e industrie averan cinquanta galere sotto di sé in difesa della
Chiesa e scorrendo contra infideli; e questi di terra saranno arbitri dell’armi
de Cristianità, votati al martirio tutti quando fia bisogno pigliarlo.

Padre santo, miri che non parlo solo. Per cominciare, si disfaccino le religioni
disutili e li predicatori donino la metà della lemosina che litigano come
paga, e li prelati la decima delle loro per dieci anni. A questo Vostra
Beatitudineè avvisata da Dio ed è nata a cose grandi. Mi contentarei morir
subito, se parlassi con Vostra Beatitudine e li mostrassi l’animo e che non
parlo per allongar la vita. Chi ha visto quel ch’io vedo, non desidera la vita
sotto questo caliginoso aere pieno di diavoli, ma sopra il globo lunare, tanto
più sottile e puro quanto più l’aere nostro dell’acqua. Le cose ch’ho promesso
al Re, più prometto a Vostra Beatitudine. So che molti me glosaranno,
mi biasmaranno, andando a caccia di dizioni e accenti, senza spirito di Dio,
giudicando me a lor modo. Io mi serbo agli effetti. Questo avvertisco: che
tutti li profeti, chi «loquuntur vobis placentia et dicunt tenebras lucem»,
si serviranno di questo che dico e fingeranno che son baie ed errori. E di più
le dico che non sanno difender Cristo se non come un settario, e Vostra Beatitudine
come capo di setta, ognun tirando la autorità e ragioni a suo modo.

La Scrittura è di carta, più fiacca delle tavole di pietra dell’Ebrei; e se li
Farisei torceano quella a lor modo, peggio si fa della nostra dalli novi Farisei
«speciem habentes pietatis et virtutem abnegantes» ecc., «inimicos crucis
Christi; quorum finis interitus et gloria in confusione ipsorum: qui terrena
sapiunt» ecc., «et non opponent se murum pro domo Israël in die Domini».
Della podestà chi dicon directe, indirecte, in temporalibus, in spiritualibus,
per se, per accidens,
dicono qualche cosa, ma con logica umana, non
divina, ch’è questa: Cristo è prima Ragione, Sapienza, Verbo di Dio padre.
Dunque tutte le cose del mondo, sendo guidate dalla Ragione prima, son
soggette a lui in Cielo e in terra, «quia est primogenitus omnis creaturae»
ecc., «et ipse est ante omnes et omnia in ipso constant». Che più? «est caput
corporis Ecclesiae, ut sit in omnibus primatum tenens». Dunque, se il papa
è suo vicario, sarà capo e pastor di tutta la Chiesa solo, non degli elementi
e dell’altre creature dove ha posto altri capi «iuxta genus suum». Dunque
il vicario della prima Ragione e della prima Sapienza è capo e pastor di
tutti gli uomini ragionevoli; dunque di tutto il mondo umano. Dunque pur
di Turchi e d’infideli; ma quelli son membra ribelli e sudditi ribellanti e decisi
chi s’hanno a perdere.

Dunque li Veneziani e li prìncipi, se governan con ragion li Stati e loro e
on a caso, son soggetti al luocotenente della prima Ragione; ch’essi non
pônno mostrar privileggio in Scrittura santa che sian luogotenenti: e se si
dicono dii, il papa «est deus deorum», «princeps regum terrae»: per Christum
«omnis anima subdita sit potestatibus sublimioribus». Ergo omnis
anima est subdita papae, cuius potestas est suprema:
male intenderanno san
Paolo e Crisostomo e Dionisio. Al senato di Cardinali fu detto:«Venient
alieni et pascent pecora vestra, et filii alienorum agricolae et vinitores vestri
erunt. Vos autem sacerdotes Domini; ministri Dei, dicetur vobis; fortitudinem
gentium comedetis et in gloria earum superbietis» ecc., e: «nimis honorati
sunt» ecc., e: «constitues eos principes» ecc. Dunque habet gladium
contra rebellantes
«utraque parte acutum». E quando si compirà la profezia:
«reget eos in virga ferrea», dopo che fu compita: «quare fremuerunt»?

E quando ecc., «in promptu habentes ulcisci omnem inobedientiam?
cum impleta fuerit eorum obedientia»; perché «nunc autem regnum meum
non est hinc». Ma erit quando? «Quando evacuabit omnes principatus»
ecc., e s’intende: di terra e di Cielo; e alibi: «Gens et regnum, quod non servierit
tibi, peribit»; infine: chi non è soggetto alla ragione, non è soggetto
al papa. E ’l papa omnia potest; ma, come lo dice san Paolo due volte,directissime
in omnibus:
«Omnia possumus pro veritate, nihil possumus contra
veritatem» ecc., e: «ad aedificationem, non ad destructionem vestram».
Questa è la distinzion di san Paolo in temporalibus simul et spiritualibus. Il
ragionevole «et spiritualis omnia iudicat, et ipse a nemine iudicatur» ecc.;
«an nescitis quod angelos iudicabimus, quanto magis ista saecularia?»;
«non angelis subiecit orbem terrae» ecc. Se Cristo ha di dominar il mondo
«et praenunciavit Spiritus priores passiones et posteriores glorias», chiaro è
che questa gloria sarà in terra e più in Cielo; e dopo questa gloria sorgerà
Gog e Magog, ch’in Cielo non sorgerà.

Dunque son vanità e desiderii di licenza, «Habens velanem malitiae libertatem»,
sottraggersi dalla giurisdizione del luocotenente della prima Ragione.
E li teologi contrari o son ignoranti, o maligni macchiavellisti, o venduti
a Iezabel, senza Spirito. «Quia excussimus Spiritum, utimur Scriptura», dice
san Crisostomo, «cum in cordibus debuisset vivere lex»; e la Scrittura è
torta; e non si pensa ch’ogni lettera costa un fiume di sangue e ogni dizione
un mare alla Chiesa per lucerna sostenere nel caliginoso tempo che successe
agli apostoli. Se Spirito ci fosse, non ci bisognaria libro a saper questo, ch’ognun
è soggetto al Padre e alla Ragione viva, e si burlaria dell’alleganze di
qualsivoglia dottore, ché ognun può errare, se non è testimonio e organo di
Dio, necessario ad informar altrui ecc. Sant’Agostino e Lattanzio si burlavano
dell’altro emisfero, e ’l testimonio delli marinari di Colombo li convince
d’errore. Dunque, non parlâro come testimoni di Dio in questo; e molti altri
in altre cose. E le profezie fûr mal intese dagli antichi, e li santi fûr soggetti
alli prìncipi tiranni; ma oggi si va scoprendo il vero: «et erunt capientes eorum
qui se ceperant; et possidebit eos Israël in servos et ancillas». È meglio
servire, che star libero, in compagnia di chi più sa e meglio sa. «Felix necessitas,
quae cogit ad bonum» ecc.

Precedente Successiva

Scheda informativa

Schede storico-bibliografiche